lunedì 25 luglio 2016

LA SCINTILLA DIVINA DI ENKI

LA MITOLOGIA SUMERA, AL PARI DELLE ALTRE, NARRA I CONFLITTI DEGLI DEI COME PERCORSI INTERIORI DELL'UOMO SULLA VIA DELLA CONSAPEVOLEZZA.  TUTTO PROVIENE DAL BASSO IN UN PROCESSO ALCHEMICO DI EVOLUZIONE.  ENKI, DIVINITA' INTERIORE DELL'UOMO E COSTRUTTORE DELL'UNIVERSO, E' L'UOMO STESSO NELLA SUA REALIZZAZIONE ED ACCEZIONE DIVINA.

FOTO: bassorilievo raffigurante il dio Enki sotto forma di uomo-pesce, dal palazzo del Re Sargon II, 700 - 721 a.C., da Dur Sharken. British Museum.

"Non si raggiunge l'illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l'oscurità interiore. Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia". (Carl Gustav Jung)

"Uomo, conosci te stesso e conoscerai l'Universo e gli Dèi" (Iscrizione sul tempio dell'Oracolo di Delfi)

PREMESSA

Le testimonianze scritte a noi pervenute sotto forma di miti, pur essendo molto antiche, tuttavia rappresentano l'ultima propaggine dell'eredità sapienziale umana, relativa a quella piccola parte della storia che noi oggi conosciamo grazie all'archeologia, ma le cui radici si propagano in tempi tanto remoti quanto per noi oggi sarebbe difficile immaginare. Che il mito del diluvio riporti un'avvenimento geologico realmente accaduto (presumibilmente durante la deglaciazione, circa 13.000 anni fa) ha per noi un'importanza relativa, poichè le antiche mitologie rispecchiano negli eventi naturali gli stessi percorsi della psiche, grazie alla comprensione che tutto è correlato ed obbedisce alle stesse leggi universali: microcosmo e macrocosmo non devono mai essere considerati come due enti separati ed ogni evento cosmico ha il suo equivalente psichico nel progresso individuale. Solo partendo da questi presupposti potremo usufruire del tesoro nascosto nei versi e custodito gelosamente attraverso i millenni. La molteplicità degli dèi, le lotte che essi intraprendono fra di loro e l'apparente contrapposizione di entità, come ENKI ed ENLIL, non devono trarre in inganno, poichè, come per ogni antica spiritualità (non "religione": il termine "religione" sarebbe riduttivo e avvilente riferito alla somma conoscenza degli antichi, ed un concetto ch'essi per certo non riconoscevano) la chiave di lettura deve seguire una visione enoteistica dell'universo, dove le divinità sono concepite come forze legate dall'unità nella molteplicità, ossia diverse manifestazioni dell'Uno. Il conflitto fra il dio ENKI ed ENLIL, espone, a livello psichico, la contrapposizione fra elementi regressivi della coscienza (ENLIL) e potenzialità evolutive e creatrici (ENKI) come aspetti della stessa essenza universale. A livello cosmico e materiale, il conflitto fra ENKI ed ENLIL potrebbe costituire la contrapposizione fra forza centripeta (ENLIL) e forza centrifuga creatrice (ENKI).
Il dio AN, facilmente intercambiabile con ENLIL, personificherebbe il principio ancora privo di individuazione dell'Universo che, successivamente, prende coscienza di sè stesso attraverso l'Uomo e l'azione di ENKI, dio che agisce sugli elementi sotterranei permettendone la sublimazione. Gli dei del cielo rappresentano, dunque, la coscienza non ancora definita, infantile, come il feto nell'utero materno, mentre ENKI, dio degli abissi, è il vero architetto dell'Universo, la guida intelligente che ci accompagna attraverso le trasformazioni. La triade AN - ENLIL - ENKI, mancando dell'elemento femminile, può essere paragonata alla TRIMURTI indiana con BRAMHA (il principio emanatore), VISHNU (conservatore dell'ordine costituito), SHIVA (la distruzione dell'ordine costituito necessaria all'evoluzione). A che cosa è stato dovuto il decadimento dell'antica consapevolezza e la conseguente scissione dell'uomo da sè stesso e dall'universo circostante? Al passaggio, a un certo punto della storia, della mente umana dal mondo reale, panteistico, in cui fra spirito e materia non vi era alcuna distinzione, ad una realtà illusoria, schizofrenica, in cui spirito e materia vengono divisi, i necessari principi trasformatori demonizzati assieme alle divinità che li soprintendono, rimanendo la realtà delle cose solo appannaggio di pochi e la superstizione foraggio dei molti; fu così che la religione prese il posto della Conoscenza, il monoteismo quello del Panteismo. Perciò è fondamentale il recupero delle nozioni tramandate nell'antica mitologia, perchè esse non sono archeologia, non sono filologia, non sono antropologia: in esse ci sono le chiavi della nostra stessa esistenza, del nostro equilibrio, del nostro futuro, e se non ritroviamo quelle chiavi eterne (Ekam Sat) continueremo a sognare, come va molto di moda oggi, ma non ci sveglieremo mai e saremo sempre portati come bambini per mano da qualcun'altro. Ma per fare questo dobbiamo sempre tenere alta l'attenzione, guardare dritto verso il punto focale di tutti i messaggi racchiusi nel mito, che pongono sempre come fine ultimo la realizzazione dell'uomo, non la sua nascita biologica (ENKIDU) ma la sua realizzazione spirituale e divina: ENKI.

IL MITO UNIVERSALE DEGLI UOMINI PESCE E I SETTE APKALLU INVIATI DA ENKI. GLI ARCHETIPI CUSTODITI NELL'APSU DI ENKI.

In questo paragrafo compareremo la rappresentazione del dio sumero ENKI sotto forma di uomo-pesce con le analoghe antiche mitologie universali, relative agli AVATAR della divinità inviati in aiuto agli uomini. Altro importante simbolo del dio ENKI era la capra, unita anch'essa alla figura del pesce, ed associata agli abissi marini in quanto animale goloso di sale. L'icona di ENKI sotto forma di capra con la coda di pesce è stata ereditata dallo ZODIACO nella figura del CAPRICORNO.

Quando parliamo di ENKI, lo definiamo come "il dio sumero ENKI", per una questione di chiarezza, ma dobbiamo sempre tener presente che si tratta di un'idea eterna e universale e le sue manifestazioni sono innumerevoli, perchè incarna la massima espressione dell'Uomo e costituisce perciò la mèta che ognuno deve raggiungere, un sentiero faticoso di conoscenza e realizzazione: ogni Uomo completo è ENKI (cielo e terra, spirito e materia in perfetto equilibrio), perchè il suo pensiero unito alla conoscenza di sè prende vita nell'eternità; ogni uomo che non ha costituito il suo nucleo individuale e non ha sviluppato le proprie potenzialità è ENKIDU: colui che è destinato a morire perchè non ha compiuto la grande opera. ENKI è fuori e dentro l'Uomo, è la potenzialità che lo conduce verso l'Essenza, perchè non basta l'emanazione ad opera di ANU (il principio), nemmeno il soffio vitale (o anima) che sostiene la mera esistenza di ENLIL, ma solo il nucleo spirituale, scaturito dall'azione di ENKI, dalla conoscenza del mondo e di sè stesso, può donare all'Uomo la vera vita.

Sappiamo che il racconto del diluvio è presente nelle memorie ancestrali delle civiltà di tutto il mondo, che costituiscono i molteplici rami dell'albero della conoscenza universale, così come i rispettivi dèi presenti in questi racconti (come allegorie di manifestazioni psichiche o fenomeniche) attraverso i millenni  destinarono alla mente umana il medesimo messaggio in diverse forme. Agli albori delle civiltà a noi conosciute, ovvero quelle relative al tempo posteriore al grande diluvio (che dovette corrispondere, presumibilmente, alla deglaciazione avvenuta circa 11.000 anni fa) apparvero contemporaneamente sulla terra figure di divinità salvifiche che permisero all'umanità di sopravvivere e di conservare la conoscenza degli antenati, permettendo ai sopravvissuti di continuare il cammino verso il proprio perfezionamento. Questi esseri divini furono rispettivamente OSIRIDE e THOT per quel che riguarda l'ANTICO EGITTO (dèi della civilizzazione e della conoscenza), il pesce MATSYA (primo avatar di VISHNU) nel racconto del PURANA indiano, il quale predisse a MANU (progenitore dell'umanità) l'avvento del diluvio indicandogli la costruzione dell'arca che avrebbe salvato le specie viventi; l'uomo-pesce HSI compilatore dell'I CHING cinese; il NOMMO dell'antica tradizione della tribù malese dei DOGON; il VIRACOCHA delle leggende andine, apparso dal lago TITICACA; l'OANNES della tradizione babilonese di cui narra lo storico del III secolo a.C. BEROSO, descritto come metà uomo e metà pesce, uscito dalle acque che lambivano BABILONIA per impartire gli insegnamenti della civiltà e identificato come il figlio di ENKI, ADAPA, nonchè i SETTE SAPIENTI che ENKI invia presso gli uomini, descritti come esseri semidivini, metà uomini e metà pesci, emersi dall'abisso APSU, e denominati APKALLU, custodi dei grandi Archetipi (ME). I ME individuano i principi di tutte le cose e sono custoditi da ENKI nel suo regno abissale, l'APSU: sono le idee immutabili, necessarie e i procedimenti creativi legati a tutto ciò che esiste.

I 69 ME DI ENKI:

La sovranità
La divinità
La corona sublime e permanente
Il trono reale
Lo scettro sublime
Le insegne reali
Il sublime santuario
La dignità di Pastore
La regalità
La Signoria durevole
La Signora divina (dignità sacerdotale)
L'Ishib (dignità sacerdotale)
Il Lumah (dignità sacerdotale)
Il Gutig (dignità sacerdotale)
La Verità
La discesa agli inferi
La risalita dagli inferi
Il Kurgarru (sorta di eunuco)
Il Girdabara (sorta di eunuco)
Il Sagursag (sorta di eunuco)
Il vessillo delle battaglie
Il diluvio
Le armi
I rapporti sessuali
La prostituzione
La Legge
La calunnia
L'Arte
La Sala del culto
Lo Ierodulo del cielo
Il Gusilim (strumento musicale)
La musica

I sette APKALLU inviati da ENKI erano consiglieri dei Re antidiluviani e questi i loro nomi:

Adapa - Oannes
U'an (Apkallu del re Ayalu)
U'anduga (Apkallu del re Alalgar)
Ammelu'anna (Apkallu del re Enmeduga)
Enmegalamma (Apkallu del re Ammegalanna)
Enmegulubba (Apkallu del re Enme'usumgalamma)
Utu'abzu (Apkallu del re Enmeduranki)

Si potrebbero riportare molti altri esempi relativi ad epoche più recenti legati alla simbologia dell'uomo-pesce. Tutti questi esseri divini erano comunemente riconosciuti come PESCATORI DI UOMINI ed erano associati alle acque ed agli abissi o, come OSIRIDE, al viaggio agli Inferi, come individuazione degli elementi nell'indefinito (inconscio) e loro trasformazione in potenzialità sviluppate e conoscenza. Il PESCE è un elemento psichico "penetrante" che accompagna l'uomo verso la conoscenza che è dentro di lui e, di conseguenza, fuori di lui, per questo l'"iniziato" viene visto come UOMO PESCE. Il nome dei SETTE SAGGI inviati da ENKI, infatti, è ABGALLU, che si traduce: AB = ACQUA - GAL = GRANDE - LU = UOMO, che compongono la parola che significa SAGGIO. E' saggio infatti colui che ha viaggiato negli abissi dell'indefinito portando alla luce le cose nascoste, trasformando gli elementi altrimenti distruttivi in elementi positivi.


FOTO: sigillo cilindrico d'epoca accadica raffigurante il dio Enki, al centro della scena, con i fiumi Tigri ed Eufrate che sgorgano dalle sue spalle ed un aquila che si posa sulla sua mano; alle sue spalle il dio bifronte Usimu; davanti a lui la dea Inanna e il dio Shamash con i raggi solari sulle spalle spalle; ai piedi di Enki la capra come suo simbolo. 2300 a.C. circa; materiale: pietra verde; altezza 3,9 cm.; British Museum.

LA TRIADE SUMERA E LA SUA VALENZA UNIVERSALE

La civiltà sumera concepiva, a livello cosmico, tre dimensioni: la terra, intesa come mondo sotterraneo; l'atmosfera, ovvero lo spazio fra cielo e terra in cui vive l'umanità, e la dimensione celeste, ovvero la dimensione dell'essenza come elemento che deve essere "elaborato" per divenire Coscienza.. Questi tre livelli cosmologici sono, ovviamente, interdipendenti. Infatti come soprintende all'espansione del cosmo, ENKI determina similmente l'espansione della conoscenza e della coscienza. La TRINITA' sumera, che corrisponde alla stessa formula espressa dalle mitologie di tutte le civiltà del mondo, esprime i tre aspetti interpendenti dell'unica entità, paragonabili agli organi vitali che formano un corpo. Il dio ENKI è infatti il grande mediatore - alchimista, Colui che dall'elemento femminile (terra - acqua e oscurità) porta alla luce l'elemento divino maschile: l'illuminazione, la consapevolezza e la somma conoscenza dell'Uomo, che è quella di sè stesso, come principio e fine dell'Universo. L'esistenza dell'Uomo è necessaria, eterna, perchè incarnazione stessa della divinità.

LA TRIADE SUMERA come unione di tre aspetti in un solo essere: AN - ENLIL - ENKI

AN: il dio del cielo, principio indefinito che comprende tutte le vie possibili; ENLIL: il dio dell'aria, o soffio vitale; ENKI: il dio degli abissi, nei quali viene custodita tutta la conoscenza e i suoi principi. Dividere questi tre principi significa creare una realtà illusoria e generare aberrazioni, significa dividere il principio dal suo divenire e determinare l'annullamento del progetto universale.

ENLIL ed ENKI sono fratelli, entrambi figli del dio AN. L'etimologia del nome EN-KI, nonostante la difficoltà degli studiosi nel dare un esatto significato ai nomi sumeri, si può tradurre: EN=Signore e KI=terra, ovvero SIGNORE DELLA TERRA. EN-LIL viene più comunemente tradotto come EN=Signore e LIL=aria: SIGNORE DELL'ARIA, o dell'atmosfera. AN, o ANUM, o ANU in lingua accadica è colui che appartiene ai cieli, praticamente l'ATUM egizio, il principio, dal quale si può far derivare il termine greco "atomos" (indivisibile).

La formula trinitaria sappiamo che fu alla base di tutti i percorsi sapienziali più antichi, contemporanei e posteriori ai miti sumeri. Facciamone l'elenco:

Un'altra trinità sumera era composta da: dio della Luna, Signore dei cieli e dio solare.

Trinità egizia: Horus, Osiride, Iside

T.babilonese: Ishtar, Sin e Shamash, ma in Babilonia esistevano diverse trinità di dei.

T.babilonese: Anu apparteneva al cielo, Enlil dominava la terra, Ea divenne sovrano delle acque. Insieme costituivano la triade dei grandi dei Annunaki.

T.assira: Assur, Nabu e Marduk, anche in assiria esistevano diverse trinità.

T.fenicia: El, Asera e Baal

T.persiana: Ormuz, mithra e Ariman

T.buddista: Buddha Dharma e Sangha

T.indù: Shiva il distruttore, Brahma il creatore, Vishnu il preservatore. Per indicare che queste tre figure non sono altro che uno, le tre divinità vengono riunite in un unica rappresentazione.

T.greca: Zeus, Atena e Apollo

T.romana: Giove, Minerva e Apollo

T.scandinava: Odino, Freya e Thor

FOTO:  statua di uomo orante. Data: 2900 - 2600 a.C.. Provenienza: Mesopotamia, Eshnunna (Iraq). Cultura: Sumera. Materiale: alabastro, gesso, conchiglia, calcare nero, bitume. Misure: 29,5 x 12,9 x 10 cm.

ANUNNAKI E IGIGI: SOPRINTENDENTI E INTERMEDIARI

Come abbiamo già appurato, ENLIL ed ENKI, nelle più antiche versioni della mitologia sumera, sono fratelli essendo entrambi figli del dio dei cieli ANU. Questi sono tuttavia tre aspetti della stessa entità e formano, come già detto, una TRINITA' simile a quelle presenti nelle culture di tutto il mondo antico. Queste tre divinità fanno parte della stirpe degli dèi ANUNNAKI, che sono, appunto, i "figli di An", come dice l'etimologia, e sono fondamentalmente 7; la figura di MARDUK, in ambito arcaico, era poco definita, venne successivamente sviluppata in epoca babilonese, sotto il regno di HAMMURABI (1792-1750 a.C.), inglobando le caratteristiche di ENKI (come figlio di quest'ultimo) e di ENLIL (come  Re degli dèi). In ogni modo, con l'aggiunta dell'8° MARDUK, gli ANUNNAKI principali sono questi:

AN o in accadico ANU: dio del cielo.

KI o URASH: dea della terra, moglie di AN

ENLIL o in accadico ELLIL: dio dell'aria (atmosfera), dio della seconda generazione divina.

ENKI o in accadico EA: dio della conoscenza creatore dell'uomo.

NANNA o SIN: dio della luna, figlio di ENLIL, padre di SHAMASH.

ISHTAR o INANNA in sumerico: dea dell'amore.

SHAMASH o UTU in lingua sumera, o BAAL: il sole, o dio del sole, protettore di GILGAMESH.

MARDUK o BEL - ZEUS BELO (BAAL in lingua semitica): signore della terza generazione divina.

Le versioni più antiche conosciute sul mito di ANUNNAKI e IGIGI (ZIUSUDRA è la versione sumera più antica del diluvio - circa 2000 a.C.) rappresentano gli ANUNNAKI come divinità ctonie, giudici del mondo sotterraneo, mentre gli IGIGI sono alleati del dio dell'aria ENLIL e sono identificati come divinità celesti. Nell'ATRAMKHASIS babilonese (1700 a.C. circa: opera narrante il mito del diluvio) gli ANUNNAKI, invece, rappresentano gli dèi superiori a capo di divinità minori identificate con gli IGIGI. L'etimologia del termine ANUNNAKI viene generalmente tradotta dagli studiosi come "i figli di Anu", ignorando l'ultima sillaba "ki" (= terra); d'altra parte in epoca sumera il loro nome era semplicemente ANUNNA (tradotto come "Progenie di Principi"), ed è in epoca accadica che viene aggiunta la desinenza "ki", ma siccome non è concepibile un errore da parte dei trascrittori accadici nei confronti della lingua sumera, che era molto meno complessa, ne consegue che la desinenza "ki" definisse realmente la natura delle divinità in questione, come coloro che soprintendevano al cielo (AN) e alla terra (KI), ovvero i Principi (o più precisamente "Principii" o Archetipi) da cui scaturiva ogni elemento cosmologico con il suo parallelo psichico. Gli dèi immediatamente sottoposti agli ANNUNAKI (ma che nei tempi più antichi non erano distinguibili da essi) sono denominati IGIGI (o IGIGU), nome di difficile traduzione ma che il Sumerian Dictionary interpreta come "Coloro che vedono e osservano".

Il mito racconta che gli dèi IGIGI, costretti ad un incessante lavoro sulla terra dagli ANNUNAKI, si ribellarono, costringendo gli ANNUNAKI, di cui faceva parte ENKI, a creare gli esseri umani che li sostituissero. Il mito è riportato nell'EPOPEA DI GILGAMESH (XVII secolo a.C.); nell'ATRAHASIS ("Il Grande Saggio"), composizione paleobabilonese risalente al 1700 circa a.C.; nell'ENUMA ELISH, che risale all'epoca di NABUCODONOSOR DI BABILONIA, nel XII secolo a.C. Come per ogni altra mitologia, anche per le vicende narrate in questi testi i parallelismi con le altre culture sono puntuali: ad esempio in Grecia il mito dei TITANI alleati del dio CRONO contro gli dèi capeggiati da ZEUS; in INDIA nella tradizione induista si vede il dio SHIVA contro il dio VISHNU e loro rispettivi alleati.

FOTO: scena cerimoniale da vaso cultuale proveniente da Uruk; fine del IV millennio a.C.; Museo nazionale dell'Iraq.

L'ILLUSORIA MOLTEPLICITA' DELLE DIVINITA' E GLI ANUNNAKI COME 7 ARCHETIPI FONDAMENTALI

Ma, oltre la complessità del mito, ANUNNAKI e IGIGI non sono altro che elementi interdipendenti dell'essenza universale, gli antichi non si sarebbero mai sognati di creare favoritismi fra le divinità, per questo le caratteristiche degli dèi sfumano spesso da un soggetto all'altro. ANUNNAKI e IGIGI non devono essere concepiti come divinità superiori (ANUNNAKI) o divinità minori (IGIGI), come si è portati tendenzialmente a considerare, ma come aspetti indivisibili e circolari nel percorso della realizzazione dell'Uomo e dell'intero Universo: gli elementi archetipici della realtà, che si manifestarono come realizzazioni fenomeniche nel tempo e nello spazio dal momento in cui vennero pronunciati verbalmente dalla TRIADE AN - ENLIL - ENKI, che istituirono i ME come leggi fondamentali su cui si basa l'evoluzione di tutto ciò che esiste e alle quali cosmo e uomini devono necessariamente sottostare. Mediante le forze intermedie (IGIGI) gli uomini realizzano le proprie potenzialità, e tutto ciò non dev'essere considerato come una successione di avvenimenti, ma è immanente e unitario, si verifica incessantemente. L'attributo dei ME è "ku-g", cioè "puri e sacri". Non esiste essenza senza forma o forma senza essenza: nei miti vengono impiegate delle formule immaginarie, che descrivono le ostilità fra gli dèi, per poter spiegare il Tutto mediante la divisione dei suoi elementi fisici e psichici, per poter descrivere i percorsi interiori in relazione ai fenomeni dell'Universo, che gli iniziati conoscono come indivisibili e interconnessi. La fine coincide con l'inizio, perchè non può esistere spirito senza materia, non può esistere essenza senza forma e l'unica divinità esistente è l'Uomo. Divinità minori, divinità superiori, elementi positivi, elementi negativi...sono dei puri e semplici strumenti per la comprensione dell'Universo e dell'Uomo mediante linee immaginarie. L'Uomo che conosce sè stesso è egli stesso ANUNNAKI (figlio del cielo e della terra, ovvero dell'idea e della sua matrice) ed è egli stesso ENKI: ovvero l'Uomo cosciente di sè che ha superato le limitazioni divenendo infinito. Il "Dio nascosto", l'Uno, necessita di compiere il percorso attraverso tutte le esperienze fenomenologiche ed umane per conoscere e creare sè stesso mediante il processo del "divenire"; tutti gli Dèi sono sue manifestazioni; tutti gli Dèi sono fuori e dentro l'Uomo.

Gli ANUNNAKI personificano mitologicamente i 7 archetipi fondamentali che i Sumeri attribuivano all'unica divinità denominata ANU: quindi ANU corrisponde al Re archetipico, allo stesso modo di Ra presso gli Egizi, Zeus presso i Greci e il padre degli dei in tutte le mitologie del mondo; KI o NINURSAG rappresenta l'aspetto femminile della divinità o anche la madre; ENLIL l'archetipo del soffio vitale; ENKI l'archetipo del salvatore responsabile della realizzazione dell'opera universale; il dio SIN o NANNA associato alla luna rappresenta il mondo inconscio dei sogni e dell'immaginazione come principio femminile; la dea ISHTAR il principio dell'attrazione e dell'amore; SHAMASH il dio del sole come principio assoluto maschile e luce intellettuale. Detto ciò si possono confrontare facilmente le mitologie di tutto il mondo per evidenziare come tutte, con nomi e storie diverse, ricalchino sempre lo stesso percorso sapienziale. Gli IGIGI sumeri come i TITANI della mitologia greca, come gli ASURA dei VEDA schierati contro le armate di BRAMHA, ecc...

Le caratteristiche di IGIGI e ANUNNAKI quali concetti racchiudono e quali sono le loro funzioni nella ciclicità dell'esistenza? Essi sono rispettivamente l'aspetto discendente, e cioè relativo alla dimensione celeste (ANUNNAKI), e l'aspetto ascendente, quindi relativo alla dimensione terrestre (IGIGI) dell'Essere e costituiscono un'unica identità, come l'albero e le sue radici, quindi spesso vengono confusi. Da qui la natura intermediaria degli IGIGI, che svolgono, appunto, i lavori necessari al percorso di rigenerazione divina sulla terra e che, per questo, necessitarono che fosse creato l'Uomo come loro incarnazione ad opera del dio ENKI. Poichè tutti i processi cosmologici vengono vissuti nel campo della coscienza, la lotta interiore nella psiche dell'Uomo fra elementi ascendenti e discendenti viene descritta mitologicamente attraverso figure di dèi, così nella mitologia sumera come, ad esempio, nel MAHABARATA indiano, nel POPOL VUH maya e in tutte le saghe mitologiche universali. Gli IGIGI non sono altro che i GENI ispiratori delle attività umane, potrebbero essere gli stessi JINN della cultura araba antica, protagonisti anche del racconto LE MILLE E UNA NOTTE, prima che essi venissero relegati ad entità maligne in seguito all'imbarbarimento dovuto all'ascesa del monoteismo odierno.

FOTO: ricostruzione della città di Eridu, sacra ad Enki.

LA CITTA' DI ERIDU E IL TEMPIO DI ENKI

ERIDU, la città dai sette colli, nei miti sumeri era definita come la prima città del mondo, fondata dallo stesso dio ENKI sulle rive dell'EUFRATE, il primo luogo sulla terra a prendere forma uscendo dal caos primordiale, dunque più antica delle altre antichissime roccaforti sumere, come UR, URUK e KISH. Si presume che il primo agglomerato urbano si sia formato almeno nel 5000 a.C. e si trovava inizialmente ai margini di una palude. Le altre città erano dedicate rispettivamente a: INANNA a URUK, ENLIL a NIPPUR, SIN a UR. E proprio in ERIDU si trovava il più antico tempio dedicato ad ENKI (o EA in accadico), denominato E-ABZU; infatti ABZU significa "acqua profonda" in cui vive il dio degli abissi. Dagli abissi di ENKI venne creata la vita, perchè egli è custode degli archetipi fondamentali di tutte le cose. I livelli archeologici risalenti alle prime costruzioni in mattoni (5000 a.C.) testimoniano lo sviluppo di edifici cultuali con l'edificazione di piccole cappelle in cui si svolgevano i rituali. Verso il 2000 a.C. la città iniziò a cadere in abbandono, anche se continuò, in modo marginale, ad essere abitata per un certo periodo successivamente, fino ad essere completamente abbandonata nel 600 a.C. Gli scavi, iniziati nel 1918 da Reginald Campbell Thompson e Henry Reginald Holland Hall, poi proseguiti durante tre campagne, fino al 1949 (l'ultima diretta dall'iracheno Fuad Safar), portarono alla luce ben 19 livelli archeologici che hanno consentito di evidenziare una lunga sequenza cronologica che giunge fino alle dinastie preistoriche. In particolare l'antico tempio di ENKI venne restaurato da UR NAMMU (circa 2000 a.C.), Re babilonese della terza dinastia di UR, sovrano famoso anche per un piccolo codice di leggi che prevedevano il principio della "compensazione" anzichè la "legge del taglione" che sarà successivamente istituita da HAMMURABI. Nella LISTA REALE SUMERA (testo risalente al 2000 circa a.C) ERIDU viene descritta come città delle prime dinastie:

"Dopo che la regalità calò dal cielo, il regno ebbe dimora in Eridu. In Eridu, Alulim divenne re; regnò per 28.800 anni. Alaljar regnò per 36.000 anni. Questi 2 re hanno regnato per 64.800 anni. Quindi Eridu cadde e la regalità passò a Bad-tibira'"

Il MITO DI ERIDU è narrato su una tavoletta denominata GENESI DI ERIDU, risalente al 1700 a.C. e contiene il racconto del DILUVIO e quello della creazione. ZIUSUDRA, l'eroe del racconto, corrisponde al NOE' biblico e all'UTANAPISHTIM dell'EPOPEA DI GILGAMESH: fu l'unico uomo a cui fu concessa l'immortalità per essere stato l'unico ad essere riuscito a scampare al diluvio decretato dagli dèi.

La città di ERIDU, all'estremo Sud della Mesopotamia, ci ha lasciato in eredità la sovrapposizione di 18 santuari, il più antico dei quali era quello dedicato al dio fondatore della città: ENKI. Al XVI livello archeologico si trova la più antica struttura costituita da una sala rettangolare divisa in un corridoio centrale con due navate laterali; due blocchi in mattoni delimitano l'area del culto: l'abside con il basamento per la statua del dio e, nella sala, l'altare destinato alle offerte. Le architetture templari dei millenni successivi, comprese le chiese cristiane, hanno mantenuto lo stesso stile dei primi templi sumeri, che hanno posto le basi per l'architettura di ogni epoca.


SIMBOLI ED EMBLEMI DI ENKI: IL SERPENTE

Uno dei simboli più antichi del mondo riguardo il percorso evolutivo dell'Uomo è il SERPENTE, ed anche il dio ENKI, come dio della Conoscenza, veniva simboleggiato da questo soggetto. Il serpente fu emblema di rinascita ad un livello di coscienza superiore sia presso i SUMERI che presso gli EGIZI, ma le sue origini si perdono nelle nebbie del tempo, essendo presente, da sempre, nelle raffigurazioni neolitiche e perfino nel santuario paleolitico di GOBLEKI TEPE (11.000 a.C.) che ci offre esattamente la stessa simbologia e che precede gli EGIZI e i SUMERI di 8.000 anni; quindi, quando si studia questo simbolo antichissimo si deve tenere presente che esso è profondamente radicato nell'inconscio collettivo e indissolubilmente legato ai percorsi della storia umana, che corrispondono agli stessi percorsi dell'esperienza individuale. Il serpente è un animale accomunato alla terra, al sottosuolo, un animale ctonio che striscia e si inoltra negli anfratti sotterranei, seguendo lo stesso movimento psichico dell'Uomo che, per scoprire il suo potere, la sua grandezza e la sua essenza superiore ha bisogno dell'esperienza, di percorrere le strade del mondo, di inoltrarsi in ogni buio anfratto in cerca degli elementi che potranno innescare la sua trasformazione, allo stesso modo in cui la terra trasforma ciò che è morto in natura vivente, ha bisogno di ATTRAVERSARE, perchè solo ciò che ATTRAVERSA i percorsi del mondo si può sollevare, solo ciò che striscia si potrà rialzare e, finalmente, divenire spettatore del cosmo dall'alto delle sue conquiste. Ed ecco che il SERPENTE si ricollega anche alla caratteristica acquatica di ENKI, perchè negli anfratti sotterranei si trovano i corsi d'acqua e le sorgenti, assieme a tutto ciò ciò che, trasformandosi, è destinato a risalire: così per gli elementi naturali come per l'evoluzione spirituale e individuale. L'acqua sale verso il sole per ridiscendere nelle profondità e risalire di nuovo, così il sole e l'acqua, il cielo e la terra, lo spirito e la materia costituiscono i due indissolubili princìpi della vita, l'uno scaturisce dall'altro; in questo modo la materia e lo spirito sono radici e chiome dello stesso albero. Una delle carattersistiche che hanno reso il SERPENTE nei millenni e presso tutte le civiltà del mondo simbolo di resurrezione è il suo letargo stagionale e la sua muta, che rappresentano il perenne ciclo di morte e rinascita; in particolare la morte iniziatica, seguita dal percorso verso la consapevolezza.

Il simbolo di ENKI viene ripreso nelle raffigurazioni sumere come un CADUCEO, formato da due serpenti attorcigliati lungo un'asse, che rappresentano le due polarità dell'esistenza, l'energia positiva e negativa, il maschile e il femminile in perfetto equilibrio. Il CADUCEO di ENKI è stato ereditato nei millenni successivi dalle varie scuole iniziatiche ed è diventato anche il simbolo della medicina, come vediamo nelle insegne delle farmacie, perchè il potere che esso suscita è proprio quello della guarigione, in tutti i sensi, attraverso la trasformazione che spinge l'individuo verso il divenire, trasportandolo verso l'ascesa e la rigenerazione ad un livello superiore di coscienza, "guarendo", appunto, da tutto ciò che impedisce la realizzazione terrena dell'Uomo.

Il SERPENTE come simbolo di conoscenza e rinascita costituisce il filo conduttore della sapienza ancestrale che ha attraversato nei millenni tutte le civiltà e le culture del mondo: QUETZACOATL presso la civiltà AZTECA; il simbolo di RA, l'UREO, presso gli EGIZI; nella filosofia dello YOGA il serpente attorcigliato è simbolo della KUNDALINI addormentata in attesa del risveglio; nei TAROCCHI si trova nell'ARCANO MAGGIORE DELL'EREMITA; anche il dio MERCURIO veniva rappresentato a volte con in mano un caduceo; riguardo all'India KRISHNA è associato alla figura dei serpenti; il primo Re mitico di Atene, CECROPE, era metà uomo e metà serpente; dal mesolitico tempio di GOBLEKI TEPE (11.000 a.C.) fino agli OPHITI GNOSTICI cristiani del II secolo d.C., i quali adoravano il serpente e lo ponevano come emblema del CRISTO GNOSTICO. Ma il discorso diverrebbe lunghissimo se dovessimo citare tutte le simbologie del mondo riguardanti quest'immagine.

A questo punto sarebbe doveroso disquisire su come i simboli della saggezza antica, soprattutto quello del SERPENTE, siano stati successivamente condannati con lo sviluppo del moderno monoteismo (il serpente schiacciato sotto i piedi, ad esempio, è un insulto contro la stessa dignità umana e contro il suo "divenire", un messaggio di morte assoluta), ma preferiamo concentrarci sulla grandezza della civiltà sumera e sul soggetto del nostro articolo: il dio della Conoscenza ENKI, occupandoci, nei prossimi paragrafi, degli altri simboli a lui riferiti.

FOTO: capra rampante su una pianta a rosette, dal cimitero reale di Ur; 2400 a.C.; British Museum

ALTRI SIMBOLI DI ENKI: CAPRA, CORNA, PIANETA MERCURIO, CORVO

Oltre a quelli di cui abbiamo già ragionato nei paragrafi precedenti (UOMO-PESCE e SERPENTE), le altre simbologie e iconografie riferite al dio ENKI sono: la CAPRA, l'AQUILA e le CORNA SULLA FRONTE con le quali viene spesso raffigurato. Com'è noto, la rappresentazione del CAPRICORNO nei TAROCCHI, come figura ibrida per metà pesce e per metà capra, rappresenta anch'esso una delle moltissime eredità sapienziali attribuite al dio ENKI, le quali, peraltro, erano conosciute universalmente. Una delle caratteristiche più straordinarie della CAPRA è quella di essere un'animale abile nello scalare i picchi rocciosi delle montagne, ed è perciò associata all'elevazione spirituale; come animale munito di corna, inoltre, viene associato alla forza proveniente dalle energie della terra, e come animale notoriamente prolifico è legato alla creatività come virtù propria del dio ENKI. La figura della CAPRA associata a quella del pesce (CAPRICORNO), simboleggia il movimento dell'anima umana dall'abisso (acqua - tesori nascosti ancora indefiniti) alla sommità (montagne - illuminazione e realizzazione). Dalle energie della terra proviene la forza vitale rappresentata dagli animali muniti di corna (nelle pitture preistoriche, come a LASCAUX e ALTAMIRA, dominano le raffigurazioni di bisonti), energia e forza che si eleva ad un livello superiore sublimandosi, così come le corna sulla testa di ENKI simboleggiano l'"aprirsi il cammino", l'estensione e la comprensione. Dunque ciò che è legato alla sessualità e alle energie terrene (simbolicamente raffigurati dalle corna e dall'animale) contiene gli elementi della sublimazione spirituale e gli strumenti per la sua espansione senza discontinuità.

Un breve compendio sul carattere universale del simbolismo delle corna:

Il dio egizio AMON: le sue corna d'ariete avevano un carattere solare.

Gli dèi greco-romani PAN e DIONISO, naturalmente, il quale aveva gambe e zoccoli caprini.

Anche il dio sumero SHAMASH è raffigurato con le corna come ENKI, le caratterstiche delle divinità non sono statiche e definite ma vengono scambiate e confuse, costituendo tutte aspetti diversi del Tutto.

Il dio celtico della fecondità CERNUNNOS.

Il dio indù degli animali PASHUPATI.

Lo sciamano paleolitico raffigurato nella caverna dell'ARIEGE, con corna d'alce, risalente al 13.000 a.C.

Il dio SHARDAN degli SHARDANA: divinità identificata anche con il babilonese MARDUK, l'indiano VISNU, il greco DIONISO. Il dio SHARDAN ha 4 occhi come MARDUK (figlio di ENKI), 4 braccia come gli dèi vedici, e corna come quelle degli dèi sumeri.

Anche il biblico MOSE' era raffigurato con le corna, poichè la Bibbia conserva fra le righe, oltre la superficie accessibile all'individuo comune, l'antica conoscenza decodificabile solo dai pochi conoscitori.

MERCURIO: Il pianeta associato al dio ENKI era MERCURIO, o NABU in sumero; verso il 500 a.C., in epoca tarda, venne definito come SHIHTU: "Colui che si alza". così come in EGITTO era associato al dio THOT (lo stesso "ENKI-dio della conoscenza" in versione egizia). In Mesopotamia, dove veniva applicato il culto lunare, il pianeta MERCURIO veniva indicato come il seguito di NANNA, la luna.

Il simbolo del CORVO. Così è narrato per bocca dell'immortale UTANAPISHTIM nell'EPOPEA DI GILGAMESH (2400 a.C. circa) il momento in cui, dopo il diluvio, proprio il CORVO (uno degli emblemi di ENKI) da lui liberato dall'ARCA fu il primo a trovare la terraferma:

"Quand'ecco, venuto il settimo giorno,
feci uscire una colomba:
la colomba volò via e poi tornò:
non v’era posto per posarsi, così tornò.
Feci uscire una rondine:
la rondine volò via e poi tornò:
non v'era posto per posarsi, così tornò.
Feci uscire un corvo:
anche il corvo volò via; vedendo dove l'acqua stava scemando,
mangiò frugò gracchiò e non fece ritorno.
Allora lasciai uscire tutti quanti ai quattro venti; apparecchiai un sacrificio,
una libagione offersi sulla cima del monte:
sette vassoi e sette posai
su legno di cedro, mirto e canne".

Il principale elemento di confronto che possiamo desumere dal mito sumero rispetto allo stesso mito biblico del diluvio, è proprio l'evidente rovesciamento dei significati e dei messaggi ereditati dall'antica conoscenza: nel racconto biblico, infatti, è la bianca e spiritualizzata colomba a trovare la terraferma, mentre il corvo ritorna all'ARCA per non aver raggiunto punti d'approdo; nel racconto sumero, invece, è il CORVO a trovare la terraferma per primo, perchè l'antica sapienza insegna che sono gli elementi della trasformazione, dell'oscurità e del "passaggio" quelli che accompagnano lo spirito verso l'elevazione e le proprie metamorfosi; chi volge gli occhi verso il cielo è alienato; chi guarda la terra e segue le sue passioni si nobilita e si eleva acquisendo la vera vita. Il dogma vuole che sia la colomba a trovare la terraferma perchè rifiuta il percorso della conoscenza e della trasformazione rappresentato dal CORVO come emblema di ENKI, ma è proprio lui che ci guida verso la concretizzazione di ciò che è ancora indefinito nel mare dell'inconscio facendolo emergere come vita e terraferma.

FOTO: tavoletta originale in accadico cuneiforme dell'Atramkhasis; 1700 a.C.

ATRAMKHASIS: INTERPRETAZIONE

Questo poema mitologico espone il racconto del diluvio universale, che vede protagonista il dio ENKI come creatore dell'Uomo e avversario delle divinità dei cieli (che erano capeggiate da ENLIL) le quali si erano proposte di sopprimere l'umanità, infastidite dal trambusto di quest'ultima. L'unico sopravvissuto a questa distruzione fu ATRAMKHASIS (nome accadico di UTANAPISHTIM), l'eroe costruttore dell'arca, divenuto immortale per volontà degli dei, del quale GILGAMESH, nel famoso poema, andò in cerca per scoprire il segreto della vita eterna, anche se, nelle versioni più antiche del GILGAMESH, il racconto del diluvio non è compreso, essendo un'aggiunta d'epoca ninivita (650 a.C. circa), per la quale gli scribi attinsero all'HATRAMKHASIS, i cui manoscritti più antichi risalgono al 1700 a.C., ritrovati presso la roccaforte di NIPPUR.

1- ENKI crea l'uomo per alleviare la fatica degli dèi

Gli dei IGIGI, dei quali ci siamo ampiamente occupati nei paragrafi precedenti, rappresentavano l'aspetto terreno e materiale della divinità, destinati, con il loro lavoro, a realizzare le opere necessarie alla sopravvivenza, fra le quali lo scavo dei fiumi TIGRI ed EUFRATE. Gli ANUNNAKI erano gli dèi dei cieli, anche se, nelle versioni più arcaiche, gli stessi ANUNNAKI erano concepiti come divinità sotterranee. Come abbiamo appurato nei paragrafi precedenti, i ruoli delle divinità non erano separati e definiti, ma spesso intercambiabili, rappresentando ognuna un diverso aspetto dell'unica sostanza universale. Il primo verso del poema "Quando gli dèi erano uomini" allude al processo immanente ed inseparabile fra uomo e divinità; infatti "Quando gli dèi erano uomini" potrebbe sembrare assurdo se si cerca di dividere "dèi e uomini", appunto perchè, nel mito, in quel tempo gli uomini non erano ancora stati creati; ed, in effetti, gli avvenimenti descritti in successione nel poema, le assemblee degli dèi, le decisioni, ecc...sono da considerare come mitizzazioni di meccanismi non delimitati nel tempo, che fanno parte di un processo "continuo" inerente la realtà, che si realizza ininterrottamente come Universo e come Uomo. Leggiamo il primo passo dell'opera:

"Quando gli dei erano uomini,
Sottostavano alla corvée, portavano il canestro di lavoro;

il canestro di lavoro degli dei era troppo grande,
il lavoro oltremodo pesante, la fatica enorme ;

i grandi Anunnaki, i sette,
avevano imposto la corvée agli Igigi:

Anu, il loro padre, era il re,
il loro mentore era l'eroe Enlil;

il loro maggiordomo era Ninurta,
e il loro gendarme Ennugi.

Essi avevano battuto le mani,
avevano gettato le sorti, e così gli dei si erano suddivise le competenze:

Anu era salito in cielo,
Enlil aveva preso per sé la terra con gli esseri viventi;

il chiavistello, lo sbarramento del mare,
essi avevano dato ad Enki, il Principe".

Vediamo come gli archetipi (i princìpi fondamentali dell'universo rappresentati dagli stessi ANUNNAKI), vengono da essi imposti come basi fondamentali e imprescindibili dei destini.

2- ENKI avverte ATRAMKHASIS (UTANAPISHTIM) dell'imminente diluvio universale

Il racconto tradizionale del DILUVIO è condiviso da tutti i popoli e le civiltà della terra, tranne l'Africa. Oggi gli sviluppi della scienza permettono di confermare la sua realtà storica, coincidente, con tutta probabilità, con l'era della deglaciazione avvenuta 13.000 anni fa, per cui gran parte delle zone costiere continentali venne ricoperta dalle acque che si allargarono a buona parte del territorio. Ma, come dicemmo, i fenomeni fisici e gli eventi naturali possiedono sempre il loro parallelismo psichico nel percorso individuale e, in senso più allargato, si riflettono attraverso le tappe della storia umana. Dunque, il mito del DILUVIO, pur avendo attinto da fatti ancestrali realmente avvenuti, nella sua accezione simbolica non è da considerare un evento cristallizzato in tempi remoti, ma si identifica in un processo ciclico che non smette mai di avverarsi, sia individualmente che a livello storico e universale. Come per la terra le inondazioni e i fenomeni inerenti il movimento dell'acqua hanno una funzione rigenerativa, così riguardo all'anima umana e ai suoi percorsi di maturazione il mito del DILUVIO apporta la certezza della rinascita mediante i frutti raccolti durante il percorso; ogni percorso è giusto, non esistono errori, soltanto infiniti sentieri che possono sembrare giusti o sbagliati solo attraverso una visuale limitata, ma che nell'insieme dell'evoluzione universale sono inevitabili, indispensabili e giusti. A livello storico questo mito simboleggia la fine di un ciclo e coincide con il segno zodiacale dei PESCI. ATRAMKHASIS (UTANAPISHTIM), ovvero il saggio che fabbricò l'arca su suggerimento del dio ENKI, il quale gli disse, fingendo di rivolgersi alla capanna, ma pur sapendo di essere ascoltato da lui:

"Parete, acoltami!
Parete di canna, indaga ogni mia parola!

abbatti la tua casa, costruisci una nave,
abbandona la ricchezza, cerca la vita!"

costruì l'arca che lo porterà verso la salvezza proprio con i materiali della sua casa, ovvero con i frutti del suo percorso esistenziale, che lo porteranno a conquistare l'immortalità dal momento in cui comprese che la divinità era in lui, e quindi al pari degli dei (che simboleggiano le leggi necessarie ed immutabili) divenne immortale. Ma senza il materiale di quella casa, l'arca non avrebbe potuto costruirla. Infatti se l'uomo segue la sua divinità interiore, umana e terrena, che è data da ENKI, conquista la consapevolezza che ciò che è divino è umano e perciò non sarà più dominato dagli aspetti inconsci che non conosce, saprà vedere le relazioni esistenti fra le leggi cosmiche e gli aspetti individuali, diventerà egli stesso un dio e solo lui, dal quel momento, sarà l'artefice del suo destino, dominando e riconoscendo gli dei e le dee che sono dentro di lui e fuori di lui, i responsabili dei destini: gli ANUNNAKI.

3- Il rumoreggiare degli uomini infastidisce gli dèi

Il rumoreggiare degli uomini che tanto infastidiva le divinità celesti potrebbe alludere al genio umano (di cui erano emblema gli dei IGIGI) e alla sua opera orientata al progresso e alla conoscenza, cosicchè gli dèi, rappresentanti le rispettive leggi che soprintendono il cosmo, secondo il mito temettero che il genere umano si rendesse indipendente da loro, iniziando a conoscere i princìpi dell'universo e, di riflesso, i meccanismi della propria psiche definendo la propria volontà vera. La volontà vera si conosce portando alla luce i meccanismi inconsci che guidano i nostri desideri e le nostre azioni, ovvero conoscendone le vere motivazioni, le radici. In questo modo l'Uomo non sarà più passeggero ma timoniere, non avrà più parte passiva, ma attiva nei confronti della natura e del proprio destino. Leggiamo il brano dell'Hatramkhasis in cui il dio ENLIL si lamenta del rumoreggiare umano, non potendo prendere sonno, nel desiderio, appunto espresso dal sonno, di riportare il mondo all'incoscienza infantile:

"Il paese rumoreggiava come un toro,
il dio si inquietò per il loro frastuono.

Enlil udì il loro clamore;
così parlò ai grandi dei:

Il tumulto dell'umanità mi è diventato insopportabile,
a causa del loro frastuono non posso prendere sonno!"

In questo caso l'atteggiamento degli dèi del cielo nel mito esprime un atteggiamento psicologico consistente nel desiderio di ritornare all'origine, bloccando il percorso esperenziale, mentre il dio ENKI, che impersona le energie terrene e il cammino della conoscenza e delle mutazioni, si assume il ruolo di salvatore dell'umanità, perchè solo la conoscenza salva e purifica: chi volge lo sguardo al cielo è estraniato, chi volge lo sguardo al suo dio interiore, ENKI, conosce sè stesso e l'universo, sostituendo gli dèi e può, in questo modo, attraverso la purificazione delle acque della conoscenza, iniziare un nuovo percorso, sia individualmente che a livello della storia umana universale.

4- Il dio WE' (INTELLIGENZA E SPIRITO) viene sacrificato per creare l'uomo

Il mito del dio sacrificato, con il cui sangue viene creato l'Uomo, è anch'esso comune a tutta l'umanità; basti pensare allo stesso mito del PURUSA nei VEDA indiani, o al mito del gigante YMIR della tradizione norrena, secondo la quale, proprio come il PURUSA vedico, il corpo di YMIR, dopo essere stato ucciso, venne usato per creare la terra ed il suo sangue per creare il mare. Allo stesso modo nei VEDA il gigante cosmogonico PURUSA viene smembrato per creare il cosmo con i suoi elementi corporei: dalla mente la luna, dall'occhio il sole, dalla testa il cielo, dal respiro il vento, ecc...; ma, soprattutto, dal suo corpo nascono le possibilità umane: udito, respiro, intelligenza, vista e parola. Allo stesso modo ENKI ordina il sacrificio del dio WE' (ovvero la componente relativa all'intelligenza dell'unico spirito universale) in modo che il suo sangue mescolato all'argilla possa dare vita all'Uomo; all'Uomo viene posto un marchio che non si può cancellare, l'ETEMMU, ovvero il marchio della sua origine divina, il quale aiuta a comprendere che dio è l'Uomo stesso; il "sacrificio" indica la volontà dello spirito universale di individuarsi entrando nello spazio-tempo, manifestandosi come Uomo, conoscendo e, allo stesso tempo, creando sè stesso mediante il percorso esperenziale umano. Il mito, inoltre, lega indissolubilmente spirito e materia: il sangue del dio e l'argilla con cui viene plasmato l'Uomo, come l'albero e le sue radici, cosicchè l'Uomo è mortale e immortale allo stesso tempo: mortale per quel che riguarda l'aspetto individuale e passeggero, immortale per quel che riguarda la permanenza delle sue passioni e del suo pensiero nell'eternità.

"Nintu aprì la sua bocca
e parlò ai grandi dei:

"Io non ho il potere di fare ciò,
solo con l'aiuto di Enki è possibile la sua realizzazione;

è proprio egli che può rendere pura ogni cosa
che egli mi dia dell'argilla, in modo che io possa far ciò".

Enki aprì allora la sua bocca
e disse ai grandi dei:

Per il primo, il settimo e il quindicesimo giorno del mese
voglio istituire un rito purificatorio, un bagno;

Che un dio venga immolato,
e quindi gli dei si purificheranno mediante immersione.

Con la sua carne e il suo sangue
possa Nintu mescolare l'argilla,

in modo che dio e uomo
siano mescolati insieme nell'argilla.

Che nei tempi futuri noi ascoltiamo il tamburo,
grazie alla carne del dio che vi sia l'etemmu;

che esso venga inculcato al vivente come suo marchio,
un marchio che non deve essere fatto cadere in oblio, l'etemmu!"

Nell'assemblea essi risposero "si",
i grandi Anunnaki,i responsabili dei destini".

ATRAMKHASIS - TESTO INTEGRALE:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/atramkhasis.html

FOTO: due statue di re sacrdote da Uruk; 3800 a.C.; pietra calcarea; altezza: 30,50 cm.; Museo del Louvre

ENKI NEL MITO DELL'ENUMA ELISH

Dopo esserci occupati dell'HATRAMKHASIS (racconto babilonese del diluvio), l'interpretazione dell'ENUMA ELISH segue più o meno la stessa linea, anche se i protagonisti e i ruoli sono diversi, non dobbiamo considerare le caratteristiche delle divinità come maschere fisse, ma sempre ambigue e sfumate, essendo manifestazioni dell'unica essenza universale. l'ENUMA ELISH è il poema sumero della creazione e le tavolette più antiche in lingua accadica risalgono al 1750 a.C., durante il regno di HAMMURABI. Dobbiamo sempre tener conto del fatto che si tratta di rielaborazioni tarde di miti antichissimi, che forse hanno subito l'influsso dell'epoca, anche se, al tempo dell'IMPERO BABILONESE, l'antica conoscenza, almeno fino all'epoca assira, si poteva considerare ancora incontaminata, non avendo subito le assurde degenerazioni sopravvenute con il monoteismo biblico. La novità in quest'opera, rispetto ai miti più arcaici, è l'ascesa del dio MARDUK, figlio di ENKI e patrono di BABILONIA, che in passato fu una divinità poco definita. ENUMA ELISH significa letteralmente "Quando in alto", essendo i titoli degli antichi poemi sumeri sempre costituiti dalla frase d'apertura. La scoperta delle tavolette è dovuta all'assirologo GEORGE SMITH, nel 1875, che, oltretutto, scoprì tempo prima anche quelle dell'HATRAMKHASIS.

Al di là della complessità del mito, come abbiamo appurato nei precedenti paragrafi, dobbiamo sempre considerare gli avvenimenti mitologici e le traversie degli dèi non come avvenimenti succedutisi nel tempo, ma come come eventi continui e necessari alla perpetuazione dell'universo e della vita. Leggiamo l'incipit, in cui viene descritto il caos primordiale come un'universo in cui non esisteva ancora cielo e terra, perchè non individuati da una coscienza che li potesse distinguere e riconoscere chiamandoli per nome; infatti gli autori hanno sottolineato "non aveva ancora un nome", ponendo la coscienza umana come atto creativo.

"Quando Lassù
Il cielo non aveva ancora nome,
E quaggiù la terra ferma
Non era ancora chiamata con un nome,
Soli, APSU il primo,
Loro progenitore,
E madre TIAMAT,
Genitrice per tutti loro,
Mescolavano insieme,
Le loro acque:
Nè banchi di canne vi erano ancora raggruppati
Nè canneti vi erano distinguibili".

Nella narrazione successiva viene descritta la creazione degli altri dèi da parte di ANSAR e KISAR, il dio del cielo e la dea della materia (del basso), i quali crearono insieme il dio ANU (dio del cielo), che a sua volta creò ENKI (dio della terra): ovvero formarono le proprie concretizzazioni. Da questa inscindibilità fra ANSAR e KISAR si deduce che gli antichi, giustamente, non concepivano un dio creatore superiore alle proprie forme e realizzazioni materiali: materia e spirito, dèi e uomini sono interdipendenti. Infatti in questo brano ENKI, come dio della terra, viene definito "ordinatore dei propri genitori", e quindi principio a sua volta, senza il quale nulla esisterebbe, e immensamente superiore ai suoi fratelli. Dunque ENKI è ordinatore e costruttore dell'universo, "ampio d'intelletto" e "saggio" quale divinità esistente fuori e dentro l'Uomo; "dotato di una forza immensa" perchè dalla terra e dagli abissi si genera l'energia necessaria a sublimare lo spirito.

 "Grandi e forti,
Furono creati ANSAR E KISAR,
che erano loro superiori (agli altri dèi).
Quando ebbero prolungato i loro giorni,
Moltiplicato i propri anni
ANU fu il primo nato,
Simile ai suoi genitori.
Come ANSAR aveva fatto simile a lui
ANU, suo rampollo,
ANU ugualmente, a propria somiglianza
Creò NUDIMMUD (EA - ENKI )
Ora NUDIMMUD (EA - ENKI), egli,
Fu ordinatore dei suoi genitori
Era di ampio intelletto, saggio
E dotato di una forza immensa;
Ben più potente
Del cretore di suo padre, ANSAR,
Non aveva eguali,
A confronto con gli dèi suoi fratelli".

Nel brano successivo, qui sotto, si ripete la storia narrata nell'HATRAMKHASIS, cambiando solo i protagonisti; in questo caso non furono gli uomini, ma gli dèi generati da APSU e TIAMAT a turbare il riposo dei genitori, che per questo li volevano sopprimere. TIAMAT (dea primordiale degli oceani e madre di tutto il cosmo) ed APSU (dio delle acque dolci) erano gli dèi dai quali nacquero i due serpenti acquatici LAKHMU e LAKHAMU; da quest'ultimi nacquero ANSAR e KISHAR. TIAMAT e APSU erano, infatti, gli dèi (o elementi non ancora ordinati) del caos, e dunque a monte di ogni altro princìpio. Il fatto che volessero sopprimere i propri figli per poter riposare in pace esprime il principio regressivo della coscienza, che si manifesta nel rifiuto della propria evoluzione; si può descrivere figuratamente come un desiderio di ritorno allo stato fetale, nell'indefinito. A livello cosmico la volontà distruttiva di TIAMAT e APSU nei confronti degli dèi figli si può considerare come forza centripeta in opposizione alla spinta centrifuga, le quali, insieme, permettono l'esistenza del Tutto.

Avendo dunque formato una banda,
Questi dèi-fratelli
Disturbarono TIAMAT
Abbandonandosi al trambusto:
Sconvolgendo
L'interno di TIAMAT,
Turbarono, coi loro svaghi,
L'interno dell'Anduruna (dimora divina).
APSU non riusciva
A placare il tumulto.

E qualche riga più avanti notiamo come gli dèi del caos si fossero "pentiti" della creazione universale, ovvero della loro propria espansione; il MUMMU è una divinità delle nebbie, servitore di APSU:

"O MUMMU, tu, mio paggio
che mi appaghi l'anima,
vieni,
Andiamo a trovare TIAMAT!
Se ne andarono, dunque,
E, seduti innanzi a TIAMAT,
Chiacchierarono e discussero,
A proposito degli dèi, loro rampolli.
APSU,
Avendo aperta la bocca,
Alzò la voce
E disse a TIAMAT:
La loro condotta
Non mi piace:
Di giorno, non mi riposo;
Di notte, non dormo!
Voglio ridurli in nulla
E abolire la loro attività
Affinché sia ristabilito il silenzio
E che noi possiamo dormire!"

Ma la dea TIAMAT non era dello stesso avviso di APSU, dicendo:

Perchè, noi stessi
Distruggeremmo quello che abbiamo creato?
La loro condotta è molto spiacevole?
Pazientiamo con benevolenza!

In seguito gli dèi figli vennero a conoscenza delle intenzioni di APSU, avvertiti da MUMMU (dio delle nebbie) e si acquietarono alquanto:

Avendolo appreso
Questi dèi si agitarono,
Poi si azzittirono
E rimasero cheti.

A questo punto il dio ENKI, saputa l'intenzione di APSU e del suo paggio MUMMU di annientare gli dèi-figli, escogitò un piano contro di loro e, in particolare, contro APSU, che addormentò mediante un sortilegio irresistibile, per ucciderlo in seguito:

D'intelligenza superiore,
esperto, astuto,
EA(NUDIMMUD - ENKI ) che tutto comprende
intuì il loro piano.
Contro il fine di APSU, pensò
E dispose un piano d'insieme:
Avendo adottato contro di lui
Il suo augusto Sortilegio, il più forte,
Glielo recitò
E, con un filtro, lo fece riposare:
Il sonno lo pervase
E dormiva beatamente.
Quando ebbe addormentato APSU
Pervase il sonno.

In questo modo ENKI s'impadronì della corona di APSU stabilendo la propria dimora negli abissi che prima appartenevano a quest'ultimo: una bellissima ed efficace mitizzazione della continua trasformazione della coscienza dall'indefinito al definito e, a livello cosmico, della resistenza alle forze centripete e di gravità; il dio ENKI (dio dell'espansione e della realizzazione e divinità interiore dell'Uomo) deve stabilire la propria dimora nel regno sotterraneo ed abissale di APSU per permettere all'universo di esistere e all'Uomo di evolvere, essendo egli architetto universale e coscienza espansa. Così descrivono meravigliosamente i versi successivi dell'opera:

Fu troppo inebetito per stare in guardia;
EA (NUDIMMUD - ENKI )staccò la fascia frontale di APSU
E gli tolse la corona;
Gli sottrasse il Fulgore soprannaturale
E se ne rivestì lui stesso;
Poi, avendolo abbattuto,
Lo mise a morte
E rinchiuse MUMMU
Sbarrando su di lui la porta.
Stabilì allora in APSU
La sua abitazione,
E s'impadronì di MUMMU
Che teneva al guinzaglio.
Una volta che EA (NUDIMMUD - ENKI ) ebbe immobilizzato
E abbattuto questi malvagi,
E riportato
Il suo trionfo su questi avversari,
Nei suoi appartamenti
si riposò nella più totale calma:
Chiamò questo palazzo Apsu,
e vi stabilì le sale della cerimonia.
Sempre la, stabilì
La sua camera nuziale,
Dove EA (NUDIMMUD - ENKI ), con DAMKINA, sua sposa
Sedettero in maestà.

Da questo momento l'opera prosegue in una direzione più nazionalistica, eleggendo MARDUK come dio patrono di BABILONIA ed innalzandolo, perciò, rispetto al ruolo oscuro che aveva nei miti più arcaici. Ne viene descritta la nascita come figlio di ENKI e DAMKINA (compagna di ENKI), ne vengono enumerate le qualità straordinarie, stabilendo il principio di una nuova epoca, quella babilonese, appunto. MARDUK rimaneva, in sostanza, un'ulteriore sviluppo del dio ENKI. MARDUK veniva identificato come una divinità dai 4 occhi e 4 orecchi; il numero 4 rappresenta la stabilità del mondo fisico del quale, nell'ENUMA ELISH, il dio MARDUK è sostenitore:

In questo Santuario dei Destini,
Questa Cappella delle Sorti,
Fu procreato il più intelligente,
Il Saggio degli dèi, il Signore:
Nell'Apsu,
MARDUK fu messo al mondo.
Lo mise al mondo
EA/NUDIMMUD/ENKI, suo padre,
E lo partorì
Sua madre, DAMKINA.

In seguito l'opera ripercorre un po' le stesse tappe simboliche precedenti, con la dea TIAMAT (la madre-abisso primordiale) questa volta infastidita dall'irrequietezza di MARDUK e, peraltro, incitata da altri dèi per non essersi opposta all'assassinio del paredro APSU. Così TIAMAT creò degli esseri mostruosi da scatenare contro MARDUK: draghi, leviatani, idre, mostri marini...offrendo al potente demone KINGU la TAVOLA DEI DESTINI che gli permetterà di dominare il vuoto, il caos primordiale, ed eleggendolo suo sposo.

Nella TAVOLA II il dio ENKI consiglia a MARDUK di rivolgersi ad ANSAR per avere consiglio contro la furia di TIAMAT.

Nella TAVOLA III il dio ANSAR si rivolge ai serpenti marini LAHMU e LAHAMU per avere consiglio sulle vicende e gli dèi decidono per il trionfo di MARDUK. Queste le parole dell'assemblea degli dèi:

"D'ora in avanti il tuo verdetto non deve essere più cambiato;
è in tuo potere l'innalzare e l'umiliare
la tua parola è efficace, il tuo comando non può più essere contraddetto;nessuno degli dèi oltrepasserà più il confine da te stabilito.
Per le abitazioni degli dèi sarà richiesto l'approvvigionamento,
affinché tu nei luoghi di culto, trovi posto!
Tu sei Marduk, il nostro vendicatore,
noi ti abbiamo conferito la regalità sulla totalità dell'universo intero;
prendi posto nell'assemblea: là la tua parola sia preminente .
Le tue armi non devono fallire, ma colpire i tuoi nemici!
Bel, a chi confida in te, risparmia la sua vita,
ma annienta il dio che ha tramato il male!"

Infine MARDUK sconfisse TIAMAT mentre lei, aprendo la bocca, cercava di inghiottirlo scatenando contro la sua bocca aperta venti furiosi che le riempirono il ventre e cercando di catturarne gli intestini con una rete. A TIAMAT vengono levati gli intestini e perforato il cuore.

Dopo averla uccisa, MARDUK creò il mondo con gli elementi del suo  cadavere.

Nella TAVOLA V viene descritta l'opera di creazione del cosmo da parte di MARDUK, con la collocazione delle stelle, dei pianeti, del sole, della luna, dei fiumi, ecc...In conclusione della TAVOLA V l'epopea svela il suo intento nazionalistico con il dio MARDUK che si proclama protettore di BABILONIA (la casa dei "grandi dei") e pone il suo regno nella zona intermedia: sopra l'APSU di ENKI e sotto il CIELO.

La creazione dell'uomo

TAVOLA VI: Al dio MARDUK, nell'ENUMA ELISH, venne concesso il compito della creazione dell'Uomo, consigliandosi con il padre ENKI sull'intenzione di creare LULLU (l'Uomo), con il sangue ed il cadavere del dio KINGU, creato da TIAMAT contro MARDUK ed ucciso perciò dopo che gli dèi IGIGI denunciarono la sua fedeltà alla dea primordiale. Anche se alquanto diverso dall'HATRAMKHASIS (nel quale l'Uomo viene creato dal dio WE', che simboleggiava spirito e intelligenza) il mito di MARDUK conserva sempre il messaggio dell'inseparabilità fra umano e divino, con la differenza che in questo caso con KINGU (creato dalla dea del caos primordiale e posto alla testa del suo esercito) viene posto in evidenza l'aspetto inconscio e ancora indefinito dell'essenza umana, mentre nell'HATRAMKHASIS, con il dio WE, viene considerato l'aspetto intellettivo e spirituale, ma, come sappiamo, i due aspetti sono facce della stessa medaglia e l'uno scaturisce dall'altro.

Il poema si conclude elencando i 50 nomi di MARDUK.

ENUMA ELISH - TESTO INTEGRALE:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/enuma-elish.html

 FOTO: altorilievo Burney, risalente al periodo antico babilonese (1800 a.C.); il luogo del ritrovamento non è conosciuto; altezza 50 cm. ; terracotta; British museum

I MITI DI ENKI E INANNA

1 - ENKI E INANNA

I miti relativi alle vicende del dio della conoscenza ENKI e della dea INANNA (Signora del cielo), vennero scritti per la prima volta su tavolette d'argilla in un periodo compreso fra il 3500 e il 1900 a.C., quindi dobbiamo tener presente che i messaggi e i decreti in essi contenuti corrispondono a tradizioni millenarie precedenti alla testimonianze a noi pervenute.

Riassunto del primo mito - Nel mito intitolato ENKI E INANNA si narra di come la dea INANNA, protettrice della città di URUK (successivamente, in epoca babilonese, identificata come la dea dell'amore ISHTAR) si fosse recata a far visita al dio ENKI presso la sua dimora di ERIDU, partecipando ad una festa da lui organizzata. ENKI tentò di ubriacare INANNA per farla cedere alle sue lusinghe, ma ella non si lasciò irretire, cosicchè l'unico a cadere preda degli effetti della birra fu ENKI, che a causa della debolezza sopraggiunta decise di fare dono ad INANNA dei princìpi cardine (i ME) dell'evoluzione umana. Il giorno seguente ENKI si rese conto di essere stato derubato dei tesori gelosamente custoditi nei suoi abissi, e il messaggero ISIMUD gli riferì che egli stesso ne fece dono a INANNA la sera della festa, così decise di inviare il demone infero GALLU all'inseguimento della dea nel tentativo di recuperarli. Alla fine del racconto ENKI ed INANNA si riconciliarono decretando pace eterna fra la roccaforte di URUK (patria di INANNA) e quella di ERIDU (patria di ENKI).
ISIMUD, divinità minore e messaggero di ENKI, era un dio raffigurato con due volti: uno rivolto al futuro e uno al passato, e può essere associato al GIANO BIFRONTE, guardiano della soglia, una delle più antiche divinità romane che simboleggiava il "divenire" e, probabilmente, ISIMUD, essendo messaggero di ENKI, ne costituiva il prototipo sumero.

Interpretazione - C'è poco da aggiungere rispetto a quanto già spiegato nei paragrafi precedenti, dove abbiamo appurato la natura dei ME di ENKI come princìpi fondamentali riguardanti l'evoluzione umana attraverso il corso della storia; originariamente erano 100 gli archetipi di ENKI, ma ce ne sono noti meno di 70, elencati nel secondo paragrafo. L'unica novità che questo mito presenta è il cambio di egemonia dalla città di ERIDU a quella di URUK, con il relativo passaggio di testimone dal dio ENKI alla dea INANNA, che da quel momento ne svolgerà le funzioni, avendolo derubato dei ME. E' lo stesso passaggio di testimone che si verifica con lo sviluppo del culto di MARDUK, descritto nell'ENUMA ELISH, il quale sostituì anch'esso ENKI come divinità principale decretando l'inizio dell'epoca babilonese. Passo in cui ENKI ordina a ISIMUD di far ubriacare INANNA:

"Vieni, mio messaggero, Isimud, presta orecchio alle mie istruzioni,
ogni parola che ti dirò, credi alla mia parola.
La cameriera, tutta sola, ha diretto i suoi passi all'Abzu,
Inanna, tutta sola, ha diretto i suoi passi all'Abzu,
così entri la cameriera nell'Abzu di Eridu,
entri Inanna nell'Abzu di Eridu,
dalle da mangiare la torta d'orzo con il burro
versa per lei l'acqua fresca che rinfresca il cuore,
dalle da bere vino stagionato davanti al volto del leone,
...per lei...fare per lei...,
Al tavolo puro, la tavola del cielo,
parla con Inanna parole di saluto".

ISIMUD, il messaggero, fece esattamente quello che ENKI gli aveva ordinato dando inizio al banchetto. In seguito il passaggio che comprende la conversazione di ISIMUD con INANNA, in cui quest'ultima ricorda la slealtà di ENKI, che prima le porse dei doni e, in seguito, cercò di riprenderseli, rappresenta uno dei passi più piccanti della letteratura sumera:

"Il principe chiama il suo messaggero ISIMUD,
il Principe chiama il suo messaggero Isimud,
Enki dà la parola al buon nome del cielo:
"Oh mio messaggero Isimud, il mio buon nome del cielo!"
"Oh mio Re Enki, qui mi trovo, per sempre a te lode!"
"La barca del cielo dov'è ora giunta?"
"Al molo Idal è arrivato".
"Va', e lascia che i mostri marini la catturino".
Isimud fa come richiesto: sorpassa la barca del cielo, e dice di Inanna:
"Oh mia regina, tuo padre mi ha mandato da te,
Oh Inanna, tuo padre mi ha mandato da te,
tuo padre, esaltato è il suo discorso,
Enki, esaltata è la sua espressione,
le sue grandi parole non possono rimanere inascoltate!"
Santa Inanna gli risponde:
"Mio padre, che cos'ha parlato a te, che cos'ha detto a te?
Lem sue grandi parole non devono rimanere inascoltate, quali sono le sue preghiere?"

"Il mio Re mi ha parlato,
Enki mi ha detto:
lascia Inanna andare ad Erec,
ma tu, riporta la barca dei cieli ad Eridu!"
Santa Inanna dice al messaggero Isimud:
"Mio padre, il motivo per cui ha cambiato la sua parola nei miei confronti,
perchè ha rotto la sua parola giusta per me,
perchè ha contaminato le sue grandi parole per me?
Mio padre mi ha detto menzogne, mi ha riferito falsità,
falsamente ha pronunciato il nome del suo potere, il nome dell'Abzu!"

Se avesse pronunciato apertamente queste parole,
i mostri marini avrebbero sequestrato la barca del cielo".
Inanna dice al suo messaggero Ninshubur:
"Vieni, mio vero messaggero di Eanna,
mio messaggero di parole favorevoli,
mio portatore di parole vere,
la cui mano non vacilla
salva la barca del cielo e i decreti presentati da Inanna".
Questo Ninshubur fa. Ma Enki non si arrende".

FOTO: particolare della facciata del tempio di Inanna ad Uruk; 3000 a.C.; Pergamon Museum, Berlino

IL MITO DELLA DISCESA DI INANNA AGLI INFERI - INTERPRETAZIONE

Il secondo mito di cui ci occuperemo riguardante ENKI e INANNA, narra simbolicamente il viaggio dell'anima verso la Conoscenza, l'incontro e la valorizzazione del suo lato oscuro, simboleggiato dalla Signora degli Inferi (il Mondo di Sotto) ERESHKIGAL. INANNA era figlia del dio della luna NANNA e nipote di ENLIL. Faremo una breve sintesi del contenuto che potete leggere integralmente cliccando sul link alla fine del paragrafo:

1: INANNA decise di partire per un viaggio nel MONDO DI SOTTO e per fare questo dovette abbandonare i SETTE POTERI (ME) che le erano propri, essendo ella venerata in sette città della MESOPOTAMIA; ma questi SETTE POTERI erano anche rappresentati dai sette "abiti" che la dea indossò prima di partire e che, nella sua immaturità "celestiale", credeva potessero servire da "protezione" contro gli influssi del MONDO DI SOTTO: la corona, le collane di perle di lapislazzuli, il copriseno "Uomo-vieni-vieni", i braccialetti reali, il tirabaci ad ornamento della fronte, il trucco, il mantello reale. La sottrazione della corona, in primis, simboleggia la privazione della connessione che INANNA voleva mantenere con il cielo durante la sua permanenza nel MONDO DI SOTTO e l'abbandono della sua alterigia; poi le vennero tolte le perle di lapislazzuli come simboli dei suoi poteri magici; le due file di perle intorno al collo come simbolo dello splendore; il copriseno denominato "Uomo-vieni-vieni" come scudo emozionale; infine i braccialetti d'oro, il trucco, il mantello reale, il tirabaci...le vennero sottratti come espressioni non autentiche della sua individualità, come frutto di "costruzioni" sociali esibite per piacere ad altri e che quindi erano di impedimento al percorso di conoscenza interiore che INANNA intendeva intraprendere, nel tentativo di "sottrarre" i tesori nascosti della sorella ERESHKIGAL, che simboleggiava la parte oscura (ovvero non sviluppata, non ancora realizzata) della stessa INANNA (che personificava l'anima umana). Dobbiamo sempre ricordare che le potenzialità non sviluppate e gli aspetti trascurati dell'individualità nei miti antichi vengono sempre raffigurati come fenomeni minacciosi e mostruosi, per il fatto che sono ancora sconosciuti, sono ombre che vogliono, con rabbia e desiderio di rivalsa, essere portate alla luce per dare luogo al processo alchemico della trasformazione. Quando INANNA attraversò le sette porte del MONDO DI SOTTO, PETU', capo-portiere degli INFERI, alle proteste di lei, che veniva spogliata dei suoi indumenti, così rispose: "I poteri del mondo di sotto sono irreprensibili! Non protestare contro i riti del mondo di sotto!"; vale a dire che le leggi eterne dell'universo e della sua evoluzione (simboleggiate dagli dèi-giudici ANUNNAKI) non possono essere contraddette, ma comprese ed accettate. Quando ad INANNA viene chiesto il perchè del suo viaggio nel "PAESE SENZA RITORNO", questo significa che solo coloro che riescono a svolgere il processo alchemico della trasformazione della conoscenza in empatia, potranno raggiungere la vera vita e formare il proprio nucleo spirituale, in poche parole, fondersi con l'infinito.

2: Ed è per questo che la REGINA DEGLI INFERI, ERESHKIGAL, come aspetto trascurato, abbandonato e "in potenza" dell'anima, si infuriò quando venne a sapere che la sua parte celestiale (INANNA) bussava con la tracotanza degli immaturi alle porte del MONDO DI SOTTO, avvertita dal guardiano-portiere PETU'. PETU', su ordine di ERESHKIGAL, aprì le porte a INANNA, che venne quindi spogliata dei sette attributi e, come ordinato, trascinata davanti ad ERESHKIGAL che solo con lo sguardo pieno d'odio e con le parole furibonde che le rivolse fece scendere su di lei il gelo della morte. Il cadavere di INANNA venne affisso ad un chiodo dove rimase appeso per tre giorni e tre notti, durante i quali la sua fedele messaggera NINSHUBUR si recò, come promesso, alla porte dei templi degli dei per chiedere aiuto: prima si rivolse ad ENLIL, dal quale ricevette solo indifferenza; poi si rivolse a NANNA, dio della luna, e nemmeno da questo potè avere alcun aiuto; infine si rivolse all'unica divinità che poteva possedere gli strumenti e l'empatia per riportare alla vita il cadavere di INANNA: il dio della sapienza ENKI, ovvero l'intermediario cconoscitore della natura, delle passioni e dei percorsi dell'anima, nonchè dell'origine del rancore di ERESHKIGAL. Solo la CONOSCENZA è, infatti, salvezza e, per raggiungerla, occorre che l'anima si separi dal proprio punto d'origine estraniato ed infantile, ATTRAVERSANDO le vie infinite dell'esistenza, senza paura di infangarsi ed accettando pienamente anche gli aspetti tragici del cammino come percorsi inevitabili e necessari al raggiungimento della consapevolezza e, quindi, al nutrimento della realizzazione spirituale e matura dell'universo. ERESHKIGAL può essere paragonata alla stessa LILITH, distruttrice di tutto ciò che non è autentico nel nostro percorso; l'aspetto oscuro di LILITH è, infatti, proprio quello che sbarra le porte verso i percorsi sbagliati che, però, all'individuo incosciente possono sembrare giusti; ella non accompagna verso la consapevolezza, non è costruttrice, ma piuttosto impedisce lo svolgimento di esperienze futili che ci sviano dalla nostra vera essenza.

3: Il dio ENKI, secondo l'empatia che solo la conoscenza e l'intelligenza possono dare, non poteva certo assumere l'atteggiamento infantile e intollerante del dio ENLIL (che impersonava il lato immaturo e grezzo dell'anima ancora priva di esperienza, il "nato una volta sola"), nemmeno quello di NANNA (il dio dei cicli lunari); si mostrò perciò preoccupato per la sorte di INANNA ed attuò un piano per portarla alla resurrezione. ENKI, infatti, era l'unico a conoscere il modo d'interagire con le manifestazioni del MONDO DI SOTTO perchè queste potessero essere utili all'alchimia della trasformazione e alle potenzialità trascurate della dea oscura ERESHKIGAL. Fu così che, dalla terra depositata sotto le sue unghie, ENKI creò due esseri asessuati ed istintuali: KURGARRA e GALATUR, perchè potessero intercedere presso la dea ERESHKIGAL (la madre-genitrice) che si lamentava per la sofferenza del suo cuore e delle sue membra; ella non poteva sopportare l'idea di aver desiderato la morte della sorella INANNA, che rappresentava l'altro lato di sè stessa, e i lamenti di ERESHKIGAL ("Ah il mio cuore", "Ah le mie membra") sono da considerare come il tormento dell'anima divisa in sè stessa dalle sue contraddizioni. I tre giorni in cui il cadavere di INANNA rimase in attesa della resurrezione, devono essere considerati come il superamento (simboleggiato dal numero 3) di queste contraddizioni. L'atteggiamento compassionevole dei demoni di ENKI: KURGARRA e GALATUR, nei confronti della sovrana dolente (ripetendo essi stessi i suoi lamenti) dimostrarono il sorgere dell'empatia come elemento necessario all'unione dell'anima con il Tutto; solo ENKI, divinità interiore ed evoluta dell'uomo, "ha causato il flusso delle acque del cuore", dell'empatia nei confronti di tutti gli esseri, come descritto nel mito di ENKI E NINHURSAG. Dopo aver espresso i loro lamenti come eco dei lamenti di ERESHKIGAL, KURGARRA e GALATUR vennero presi in simpatia dalla dea, la quale, come ricompensa per il conforto ricevuto, offrì loro dei doni di fertilità, ma essi, seguendo il consiglio di ENKI, li rifiutarono, chiedendo, al loro posto, il dono più difficile da offrire per la dea: il cadavere di sua sorella INANNA. In questo modo, la saggezza del dio ENKI diede a KURGARRA e GALATUR, suoi demoni, il potere di rimuovere l'angoscia ed il rimorso dal cuore di ERESHKIGAL per aver causato la morte di una parte di sè stessa. INANNA venne così resuscitata, dopo tre giorni in cui giacque morta, superando, in questo modo, le contraddizioni fra il MONDO DI SOTTO e il MONDO DI SOPRA, ma, quando giunse il momento in cui la dea doveva risalire verso il cielo, gli dèi ANUNNA l'apostrofarono con queste parole:"Chi, dunque, sceso nel Mondo di Sotto ne è mai uscito libero?", pretendendo da lei un sostituto da trattenere agli INFERI. La dea INANNA non poteva, infatti, dopo aver conosciuto la natura e le leggi del MONDO DI SOTTO, andarsene voltando di nuovo le spalle alla sorella ERESHKIGAL, e l'atto di lasciare come suo sotituto in mano ai demoni qualcuno a cui teneva molto, avrebbe permesso ad essa di mantenere una comunicazione sempre aperta con il MONDO DI SOTTO, permettendo alla totalità dell'anima di raggiungere il suo perfetto equilibrio fra la dimensione spirituale e quella materiale (che sono inscindibili), e liberarsi, in questo modo, da ogni angoscia e pregiudizio dovuti alla primitiva ignoranza. Solo l'ignoranza, infatti, è sofferenza, solo la conoscenza dona equilibrio nella comprensione ed accettazione delle leggi dell'universo.

4: Attraverso le tappe che INANNA percorse assieme ai demoni degli INFERI nel tentativo di scegliere un suo sostituto, essi le proposero la messaggera NINSHUBUR, ma INANNA si rifiutò di offrire lei lodando i suoi pregi; poi le proposero di lasciare SHARA, il suo cantore, ma la dea si rifiutò lodando anche i talenti di quest'ultimo. Infine, giunta al PAESE DI KULABA, dove soggiornava lo sposo reale DUMUZI, ch'ella aveva incoronato come RE DI SUMER, vide lui che se la spassava tranquillo, nella sua celestiale beatitudine, senza nemmeno un segno di lutto o di preoccupazione per la sorte della sposa nel MONDO DI SOTTO. INANNA, infuriata, disse ai demoni "E' lui, prendetelo!", e lasciò che i demoni se lo portassero come suo rimpiazzo nel MONDO DI SOTTO. Era ovvio che, alla fine, dovesse essere DUMUZI, come sposo reale e quindi avente pari dignità, a sostituire INANNA agli INFERI, fungendo da collegamento perenne fra il MONDO DI SOPRA e il MONDO DI SOTTO, perchè questo significa proprio che i due mondi hanno pari dignità, sono aspetti inscindibili dell'Universo che, attraverso di essi e mediante lo sviluppo della coscienza umana, conosce sè stesso.

5: L'ampia porzione di testo che è andata perduta, e il cui contenuto ci è pervenuto mediante altri miti correlati, narra di come DUMUZI, nel tentativo di sfuggire ai demoni GALLA, si trasformò in un serpente, poi in una gazzella, e questo significa che anche lui, durante il soggiorno nel MONDO DI SOTTO, subì il processo evolutivo e di trasformazione interiore. Realizzando il fatto che non avrebbe più potuto rimanere al fianco del suo sposo, INANNA, madre e sorella al tempo stesso di DUMUZI, iniziò a piangere per la sua assenza. A questo punto, GESHTINANNA (il cui nome significa "Vigna dei Cieli, e che simboleggia un'ulteriore aspetto dell'anima "INANNA") decide di sacrificare sè stessa per prendere il posto di DUMUZI nel MONDO DI SOTTO, permettendo, in questo modo, il ricongiungimento della parte femminile e della parte maschile dell'essenza umana, anima e spirito. Il gesto di GESHTINANNA dev'essere interpretato come un gesto di salvezza per l'intera umanità, tramite il sacrificio che implica il percorso della conoscenza ed è con questo epilogo che termina l'intero processo d'iniziazione: la dea GESHTINANNA, infatti, era conosciuta anche con il nome di "Donna Saggia", e rappresentava l'aspetto dell'anima "intermediario", "volontario", che con passione e sacrificio riceve i doni della Conoscenza. DUMUZI divenne quindi sposo della dea composita INANNA-ERESHKIGAL, e questo processo universale perpetuo corrisponde alla legge necessaria dell'Universo che conosce sè stesso, che dal suo punto di partenza della prima nascita infantile (ENLIL) raggiunge la conoscenza e la maturità spirituale (ENKI), mediante la seconda nascita come COSCIENZA UNIVERSALE.

Parallelamente al significato psicologico e metafisico, il mito si interpreta anche come narrazione simbolica dei cicli delle stagioni e delle leggi della natura, che rispondono agli stessi processi delle prime: così sopra come sotto. La narrazione termina con la lode ad ERESHKIGAL, dea del MONDO DI SOTTO, grazie alla quale l'Universo e l'anima possono ottenere l'energia e gli strumenti per potersi elevare ad un livello del "sentire" e del comprendere non più filtrato da false sovrastrutture psicologiche e culturali.

VIAGGIO DI INANNA AGLI INFERI - TESTO INTEGRALE:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/viaggio-di-inanna-agli-inferi.html

FOTO: pesce-capra, simbolo di Enki, raffigurato su un contenitore del 1500 a.C.

INANNA E SHUKALLITUDA - INTERPRETAZIONE

Purtroppo la tavoletta d'argilla è spezzata proprio nel punto in cui la dea INANNA, non riuscendo a trovare colui che si approfittò di lei mentre dormiva, ovvero il saggio giardiniere SHUKALLITUDA, chiese aiuto ad ENKI. SHUKALLITUDA, dal canto suo, consigliato dal padre, trovò riparo presso il PAESE DI SUMER per sfuggire alla vendetta della dea; "sag-giga-teste nere" sono gli uomini, "fratelli" di SHUKALLITUDA. INANNA, peraltro, si vendicò insanguinando acque, fiumi e giardini. INANNA è dea dell'amore sensuale, ma è anche simbolo dell'anima umana, quindi, essendo il sesso espressione fisica delle energie psichiche e spirituali, il mito dovrebbe simboleggiare il risveglio della coscienza rappresentata da SHUKALLITUDA (il giardiniere che studiò il cosmo e i cicli della natura) che possedette l'anima ancora dormiente (INANNA), la quale, accortasi di ciò che era successo, decise di vendicarsi insanguinando pozzi, fiumi, giardini, ecc...Si potrebbe interpretare questo mito come il passaggio alchemico dell'anima dal bianco (albedo) al rosso (rubedo), e come una metafora della vita e della passione (entusiasmo) conseguente al risveglio dell'anima, che possono essere associati al sangue e al fuoco. Il poema si concludeva, nella porzione finale mancante, con INANNA che si sarebbe recata da ENKI per chiedere aiuto, e possiamo immaginare ch'egli le abbia donato gli strumenti per saper incanalare e sublimare la passione e l'entusiasmo verso la conoscenza di sè e del cosmo.

INANNA E SHUKALLITUDA - TESTO INTEGRALE:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/inanna-e-shukallituda.html

IL MITO DI ENKI E NINHURSAG (2000 a.C.) - INTERPRETAZIONE

Teniamo sempre presente che i miti descrivono, attraverso racconti metaforici, quelli che sono i principi fondamentali inerenti all'esistenza stessa. Quello intitolato "ENKI E NINHURSAG" è un classico mito sulla genesi del cosmo, in cui i protagonisti (ENKI e NINHURSAG) simboleggiano l'unione degli opposti, la dualità maschile-femminile, che permette l'esistenza dell'universo e della vita. E' il più antico dei miti riguardanti ENKI, le cui testimonianze scritte risalgono a oltre il 2000 a.C. Il testo qui pubblicato non è integrale, perciò dscriveremo le parti mancanti interpretandone il significato.

In questo mito vengono descritti metaforicamente i processi fisici sui quali si basa l'esistenza. Il poema inizia con la descrizione del luogo paradisiaco in cui vivevano ENKI e NINHURSAG prima che la realtà fosse formata, denominato DILMUN, in cui ogni elemento era chiuso in sè stesso, privo di ogni relazione, in cui non esisteva alcun tipo di aggressività o movimento; questo stato di cose viene così descritto:

 "il corvo ferito non gridava, il leone non veniva ucciso, il lupo non afferrava l'agnello, sconosciuto era l'uccisore del cane infanticida, sconosciuto era il grano divorato dal cinghiale".

Ovviamente non si tratta di un luogo fisico, ma di uno stato della coscienza che si deve ancora formare mediante i percorsi esistenziali della molteplicità, lo stato fetale dell'Essere che, incarnandosi successivamente nell'Uomo ed esprimendosi attraverso le forme del cosmo, si auto-realizza nella sua polarità consapevole. Questo "nulla" edenico, in cui i pensieri devono ancora concretizzarsi, venne reso reale da ENKI il quale

"ha causato il flusso delle acque del cuore",

come viene riferito nel testo originale, dove per "acque del cuore" si deve intendere "passione" e "volontà" che permettono ai soggetti di relazionarsi per quel che riguarda la dimensione umana; allo stesso modo agisce l'acqua fisica e materiale per quel che riguarda la dimensione cosmologica e naturale. Così ENKI rese fertile NINHURSAG, la sua consorte (la terra).

ENKI, essendo, in seguito, abbandonato da NINHURSAG, si unì alla figlia avuta da quest'ultima, NINSAR, non riconoscendola a causa della sua somiglianza con la consorte; dall'unione di ENKI e NINSAR venne alla luce NINKURRA: signora della fecondità e dell'attività pastorale. Lasciato solo anche da NINSAR, ENKI si unì a NINKURRA e dalla loro unione nacque il ragno tessitore dei giorni della vita: UTTU. Ma UTTU non si lasciò sedurre a sua volta da ENKI, seguendo l'avvertimento di NINHURSAG che lo consigliò di stare lontano dalle acque e dai luoghi in cui regnava ENKI. Ma c'è un'altra versione del mito secondo la quale ENKI, mangiando delle piante seminate da NINHURSAG, divorò il suo stesso sperma dal quale queste erano germogliate; questo il brano originale:

"Enki, nella palude, nella palude giace disteso, Cosa è questo, cosa è questo. Il suo messaggero Isumud gli risponde, Mio Re, questo è un albero-pianta, gli dice. Lo taglia per lui ed Enki lo mangia".

A questo punto ENKI cadde in uno stato di gravidanza che, non possedendo un utero, gli causò rigonfiamenti terribili in tutte le parti del corpo, facendolo soffrire moltissimo. Una volpe si offerse di portare al suo cospetto NINHURSAG dietro ricompensa, così dicendo:

 "Se porto Ninhursag al tuo cospetto, quale sarà la mia ricompensa?"

 La dea NINHURSAG, convinta dalla volpe, prese dell'acqua-seme dal corpo di ENKI e ne fece scaturire gli dèi della guarigione: ABU per la mascella, NINSUTU per i denti, DAZIMUA per i fianchi, ESHAGAG per le articolazioni e, in ultimo, NINTI, che corrisponde alla dea della vita ed è identificabile con la stessa NINHURSAG. Tutti questi intrighi vogliono descrivere l'interdipendenza e la circolarità della vita: ENKI ha bisogno della dea NINHURSAG così come la dea-terra NINHURSAG ha bisogno del paredro maschile ENKI per dare vita al cosmo. Inoltre non dobbiamo dimenticare che ENKI era anche dio della guarigione, per cui fino ad oggi, il simbolo del caduceo, suo emblema, è anche lo stemma che viene usato in medicina.

1 - Gli IGIGI come divinità intermediarie si lamentano del troppo lavoro e inducono ENKI a creare l'uomo

Esattamente come narrato nell'HATRAMKHASIS, le lamentele degli dèi IGIGI (o GENI, rappresentazioni simboliche delle facoltà umane ancora "in potenza") vennero riferite ad ENKI dalla dea NAMMA, ed egli decise, perciò, di creare l'uomo per "alleviare la fatica degli dei" e perchè ne svolgesse i compiti. Da ciò si deduce che gli IGIGI, come elementi cosmici "in potenza", si realizzano di riflesso a livello materiale nel "divenire" mediante l'attività e la ragione umana, ed ENKI, come costruttore dell'Universo, ascoltate le lamentele di queste divinità-astrazioni oberate da "troppa fatica", creò così l'Uomo creando sè stesso. In questo caso la "fatica" degli IGIGI si può tradurre come "desiderio di realizzazione" e l'alleviamento della fatica apportato dalla creazione dell'Uomo come la "realizzazione" degli elementi astratti che entra nel divenire.

2 - La saggezza di ENKI riguardo l'integrazione degli esseri imperfetti

Le tavolette che riguardano la creazione dei primi esseri umani da parte di ENKI e NINHURSAG, in questo mito, elaborano una descrizione metaforica di come l'intelligenza e la ragione (proprie del dio ENKI) riescano ad integrare e a dare un senso, nel complesso sistema dell'esistenza, anche alle "imperfezioni"; questa parte del mito vuole anche comunicare il concetto che la perfezione stessa sarebbe un'imperfezione, perchè priva di vita e di divenire. Peraltro dobbiamo ricordare che le anormalità, nei tempi antichi e presso i popoli primitivi, venivano considerate segno di poteri straordinari; in alcune mitologie gli esseri fisicamente anormali vengono identificati con la luna.

Nell'ultima parte dell'opera la tavoletta risulta molto danneggiata, perciò di difficile interpretazione; si capisce soltanto che ENKI rimprovera a NINHURSAG di non aver saputo impiegare una delle creature malate (UMUL) come dovuto e come aveva fatto lui nei casi precedenti. NINHURSAG rimprovera a sua volta ENKI di non essersi curato di lei quando un'incendio devastò la sua città ed ella dovette abbandonare il tempio EPUR (tempio di NIPPUR), ed anche suo figlio (il cui nome è andato perso) fu costretto a fuggire. Tutto termina con una riconciliazione fra ENKI e NINHURSAG e con la lode ad ENKI.

ENKI E NINHURSAG - FRAMMENTI DEL TESTO:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/enki-e-ninhursag.html

FOTO: raffigurazione di Lahmu, divinità a guardia dell'Apsu di Enki; terracotta; altezza: 50 cm.; 1800 a.C.; British Museum

ENKI NEL POEMA DI "ENMERKAR E IL SIGNORE DI ARATTA"

Le vicende narrate in questo poema, risalente al 3000 a.C. e costituito da 636 versi, sono probabilmente reali, e vedono come protagonisti ENMERKAR, sovrano di URUK, e il re di ARATTA, città non bene identificata, menzionata in diversi poemi sumeri come: ENMERKAR E IL SIGNORE DI ARATTA, ENMERKAR E EN-SUHGIR-ANA (quest'ultimo era Re di ARATTA, chiamato anche ENSUHKESHDANNA); in LUGALBANDA NELLA GROTTA DELLA MONTAGNA, infine LUGALBANDA E L'UCCELLO ANZUD. Ma ARATTA è menzionata marginalmente anche in moltissime altre opere sumere. Nel presente poema era la città in cui aveva dimora la dea INANNA. Questa città viene oggi collocata quasi unanimamente dagli studiosi sull'altopiano iranico. Il poema è basato su uno scambio epistolare fra il re di URUK e quello di ARATTA circa gli scambi commerciali in materie prime, legname e lapislazzuli. Seguono minacce d'invasione e intimidazioni da parte del Re di URUK che aveva ambizioni espansionistiche sul territorio, con il proposito di conquistare ARATTA. Il passo più straordinario è costituito dall'occasione colta dal narratore per descrivere simbolicamente la nascita della scrittura, facendola quasi magicamente inventare in un baleno dal Re di URUK per alleviare la fatica del messaggero che doveva riferire parola per parola la volontà dell'interlocutore, riuscendoci difficilmente; questo il passo in questione relativo ai versi 500-514:  

"Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di riportare il messaggio;
poiché il messaggero aveva la lingua pesante e non era capace di riportare il messaggio,
il Signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -
Ora, quando il dio Sole risplende, ciò fu manifesto:
le parole che il signore di Kulab (Uruk) aveva inciso come in una tavoletta, divennero visibili.

Enmerkar, il figlio del Sole, mi ha consegnato una tavoletta di argilla;
o Signore di Aratta, esamina la tavoletta, prendi il cuore della sua parola;
ordinami ciò che debbo riferire riguardo al messaggio ricevuto.
Il Signore di Aratta dall'araldo prese la tavoletta lavorata artisticamente;
il Signore di Aratta scrutò la tavoletta:
- la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -
il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente.

1 - ENKI e lo sviluppo dell'individualità e della complessità come cardini dell'evoluzione

Un passo interessante relativo all'opera di ENKI come divinità che accompagna l'Uomo verso la propria evoluzione, è quello in cui il Re ENMERKAR narra di come, in un tempo lontano, gli esseri umani si esprimessero in un unico idioma universale, ed in cui (proprio come nel luogo paradisiaco descritto in ENKI E NINHURSAG, di cui abbiamo trattato nel paragrafo precedente) non esistevano leoni, serpenti, scorpioni, ecc...Il che vuol dire che la coscienza umana si trovava in una condizione di immobilità, priva di ispirazione e di volontà, circonfusa dall'influenza di ENLIL: il dio della semplice esistenza statica priva di elemento spirituale. L'intelligenza di ENKI (divinità interiore dell'Uomo e costruttore stesso dell'universo) intervennero risvegliando ciò che era in potenza nell'essere umano, mediante lo sviluppo dell'individualità e di tutte le possibilità che si sarebbero concretizzate, a livello universale, attraverso il corso della storia. Infatti la confusione delle lingue descritta nel poema e i conflitti che ne sono scaturiti, vuole mettere in luce il valore della complessità senza la quale non ci può essere trasformazione e l'esistenza umana non potrebbe, dunque, raggiungere mète più alte; questo sia per quel che riguarda lo sviluppo individuale che, parallelamente, per quel che riguarda le tappe storiche verso il perfezionamento umano. Il dio ENKI costituisce, infatti, l'elemento psichico che nell'Uomo aggiunge all'anima lo spirito, all'esistenza la vita. "NUDIMMUD" (nu, somiglianza, dim-mud, generare) è uno dei nomi con i quali veniva identificato ENKI, come all'inizio dei seguenti versi:

Versi 134-155:  "Canta per lui il canto sacro, l'incantesimo cantato nelle sue camere - l'incantesimo di Nudimmud: Una volta non c'erano serpenti, non c'erano scorpioni,
Non c'erano le iene, non c'erano i leoni,
Non c'erano cani selvaggi, nessun lupo,
Non c'era paura, nessun terrore,
L'uomo non aveva rivali.
In questi giorni, le terre di Subur e Hamazi,
Le lingue sumere unite in armonia, le grandi terre dei decreti dei principi,
Uri, la terra di cui tutto era appropriato,
La terra di Martu, riposava in sicurezza,
L'intero universo, le persone all'unisono
Per Enlil in una lingua sola. (Allora) Enki, il Signore dell'Abbondanza (di cui) i comandi sono fidati Il Signore della Saggenza, che comprende la terra,
Il signore degli dei,
Dotato di saggezza, il Signore di Eridu
Cambiò la lingua nelle loro bocche, ha portato discordia in essa
Nella parlata dell'uomo che fino ad ora era una".

2 - Frammento relativo ai versi che fanno riferimento agli scambi commerciali fra ARATTA e URUK, ai conflitti e all'invenzione della scrittura:

"Un tempo fu che il Re, da Inanna eletto nel suo santo cuore,
eletto della terra di Shuba da Inanna nel suo santo cuore,
Enmerkar, figlio di Utu,
una preghiera rivolgesse alla sorella,
la benevola regina, la sacra Inanna:
O sorella mia Inanna, per Erech
fa' che la gente di Aratta dia forma d'arte a oro ed argento,
fa' che porti a valle dai monti il puro lapislazzuli,
fa' che porti gemme e lapislazzuli;
a Erech, sacra terra...,
alla casa di Anshan, ove tu stai,
fa' che costruiscano il suo...
del sacro Gipar, ove tu hai dimora.
Possa il popolo di Aratta adornare con arte le pareti.
Io, io pregherò...nel mezzo di esso.

Fa' che Aratta si sottometta a Erech,
fa' che il popolo di Aratta,
tradotta la roccia dal suo altipiano alla valle,
a me edifichi la grande casa di preghiera, la grande Arca innalzi,
che dinanzi a me sorga la grande Arca, l'Arca degli dèi,
che per me si compiano in Kullab le mie divine leggi,
per me facciano dell'Abzu un sacro altipiano,
per me purifichino Eridu come un monte,
per me facciano erigere come una grotta la sacra casa di preghiera dell'Abzu.
E quand'io pronunzierò le divine leggi di Eridu,
quando farò fiorire come una...la pura autorità dell'En,
quando a Erech, a Kullab calcherò sul mio capo la corona,
possa il...essere portato dalla grande casa di preghiera nel Gipar,
possa il...essere portato dal Gipar nella grande casa di preghiera,
possa il popolo assistere ammirato,
possa Utu assistere con sguardo lieto!

Dice l'araldo al Signore di Aratta:
"Mi manda, mio Re, il padre tuo,
il Signore di Erech, il Signore di Kullab è colui che mi manda".
"Che ha detto, quali parole ha pronunciato il tuo Re?"
"Mio Re, queste parole ha pronunciato, questo ha detto:
Il mio Re, dal giorno della sua nascita vipera di Sumer, colui che come...
l'ariete colmo di principesco potere sull'altipiano cinto di vallo,
il pastore che...
nato dalla vacca fedele nel cuore dell'altipiano,
Enmerkar, figlio di Utu, mi manda,
mio Re, ecco quello che egli ti dice:
Io caccerò gli abitanti della città, così che essi fuggano come uccello...dal suo albero.
Io li caccerò, così che volino come un uccello nel nido del vicino.
E distruggerò Aratta come luogo di...,
Io la stenderò nella polvere come una città rasa al suolo,
Aratta, la dimora maledetta da Enki:
questo luogo io intendo distruggere come un luogo che giace distrutto.
Contro di essa Inanna si è levata in armi,
ha dato la parola, l'ha maledetta.
Come sabbia accumulata io intendo accumulare sabbia sulla città.
Quando sarà fatto l'oro dal suo magma,
pressato...l'argento nella sua polvere,
forgiato l'argento...,
i basti fissati sulla groppa degli asini di montagna:
il...casa del giovane Enlil di Sumer,
eletto da Enki, il Signore, nel suo santo cuore,
fa' che il popolo dell'altipiano edifichi per me secondo le pure, sacre leggi,
fa' che esso per me fiorisca come bossolo,
illuminalo per me come Utu quando incede dal Ganun,
adorna per me le sue soglie.

Ma Aratta rifiuta ed Enmerkar dice le parole nuove all'araldo.

Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di riportare il messaggio;
poiché il messaggero aveva la lingua pesante e non era capace di riportare il messaggio,
il Signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -
Ora, quando il dio Sole risplende, ciò fu manifesto:
le parole che il signore di Kulab (Uruk) aveva inciso come in una tavoletta, divennero visibili.

Enmerkar, il figlio del Sole, mi ha consegnato una tavoletta di argilla;
o Signore di Aratta, esamina la tavoletta, prendi il cuore della sua parola;
ordinami ciò che debbo riferire riguardo al messaggio ricevuto.
Il Signore di Aratta dall'araldo prese la tavoletta lavorata artisticamente;
il Signore di Aratta scrutò la tavoletta:
- la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -
il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente".

FOTO: Enki raffigurato su un bassorilievo sumero in una vecchia foto.

CONCLUSIONE: IL MESSAGGIO DI ENKI

ENKI è dunque la divinità interiore dell'Uomo, l'intelligenza che lo accompagna verso la Conoscenza e la realizzazione di sè stesso; è costruttore dell'Universo perchè costituisce lo stesso elemento cosciente che si oppone alle forze primordiali del caos e alle componenti regressive della psiche; ENKI è l'alchimista interiore che trasforma in potenzialità e qualità compiute gli elementi indefiniti dell'inconscio, è l'Uomo adulto che nasce dal percorso esperenziale guidato dalla fiaccola dell'intelligenza e della ragione, sole guide che portano alla comprensione e all'empatia universale, all'espansione della coscienza, all'equilibrio delle forze interiori, alla felicità. I testi sumeri, come appurato nei numerosi paragrafi precedenti, descrivono attraverso figure simboliche di divinità, i percorsi interiori dell'anima umana, fino alla comprensione che solo il Signore della terra (ENKI) può essere sentiero del divenire che porterà, infine, alla consapevolezza che non vi è alcuna divinità al di sopra e al di fuori dell'uomo, che Dio e materia sono inscindibili e che solo la Natura e l'Uomo equivalgono alla divinità; quando l'Uomo avrà raggiunto questa illuminazione, liberato da ogni pregiudizio, chimera e ignoranza, sarà finalmente libero e responsabile, il fanciullo cederà il posto all'adulto e in lui sarà sconfitta ogni forma di intolleranza e di prevaricazione verso i propri simili come elementi scaturiti dall'infantilismo e dall'ignoranza, ovvero dagli elementi regressivi ai quali ENKI si oppone. ENKI, come narrato nell'ATRAMKHASIS, nell'ENUMA ELISH e nell'EPOPEA DI GILGAMESH, si oppone alla volontà distruttiva degli dei del cielo e delle forze del caos (che volevano sterminare l'umanità), come elementi regressivi della coscienza che desiderano proseguire il loro sonno senza essere disturbati dal trambusto causato dal progresso e dall'evoluzione umana. ENKI è il serpente androgino nato dall'ABZU e dall'oceano cosmico, il mediatore che simboleggia il raggiungimento, nell'uomo, del perfetto equilibrio fra elemento maschile e femminile e la concretizzazione della mèta suprema dell'umanità; l'Uomo è androgino come realtà antropologica e la separazione dei caratteri corrisponde ad una forzatura culturale. L'Uomo può conoscere ogni cosa perchè ogni cosa proviene dalla sua coscienza infinita; egli non può liberarsi dalla materia e il frutto del suo percorso evolutivo dev'essere concretizzato sulla terra attraverso la storia; le sue concezioni materiali del mondo sono riflesse nelle intuizioni spirituali come in un processo alchemico: tutto proviene dal basso verso la formazione dell'entità spirituale e cosciente dell'Universo. La Natura è la casa dell'Uomo e l'Uomo è assolutamente NECESSARIO perchè è lo stesso Dio che crea continuamente se stesso.

"Esiste un solo bene, la Conoscenza, e un solo male, l'ignoranza".
(Socrate, in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, III sec.)


Alessia Birri, 25 luglio 2016

TESTI INTEGRALI DEI MITI SUMERI ESAMINATI:

ENUMA ELISH:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/enuma-elish.html

ATRAMKHASIS:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/atramkhasis.html

VIAGGIO DI INANNA AGLI INFERI:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/viaggio-di-inanna-agli-inferi.html

INANNA E SHUKALLITUDA:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/inanna-e-shukallituda.html

ENKI E NINHURSAG - non integrale:
http://alessia-birri.blogspot.com/2018/10/enki-e-ninhursag.html

ARTICOLI CORRELATI:

ENKI - Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Enki

ENMERKAR E IL SIGNORE DI ARATTA - Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Enmerkar_e_il_signore_di_Aratta

LA DISCESA DI INANNA AGLI INFERI - Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Discesa_di_Inanna_negli_Inferi

ATRAMKHASIS - Homolaicus:
http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/atramkhasis.htm

MITOLOGIA SUMERA - Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_sumera

SUMERIAN DICTIONARY:
http://www.lowchensaustralia.com/names/sumerian-dictionary.htm

10 commenti:

  1. Il respiro yin e yang della mente universale , necessitano di forza centripeta e centrifuga. Quest' ultima , può essere raffigurata come dei cerchi che si espandono all'infinito. Tra un cerchio e l'altro, spirali ascendenti e discendenti , simboleggiano la forza yin, che è un seme e la forza yang o il cerchio è la dimensione che lo contiene. Se preferite, il seme è onda e il cerchio è quercia. Oppure l'onda yin e la frequenza-dimensione-graal yang. Il dentro ed il fuori del respiro si alternano e si rovesciano nella natura maschile e femminile, infatti l'uomo è yang, forte e marziale fuori e dentro è yin, lunare. Mentre la donna è fuori yin , lunare e delicata e dentro ha il sole yang, forte e caldo. Dipende dalla natura dell'anima se i o sceglie di essere uomo o donna, ma il dentro dell'uomo è yin,come il suo seme è lunare e candido, mentre il dentro della donna è yang, infatti il sangue della donna bel ciclo mestruale è marziale. Ecco perchè molti anunnaki maschi si chiamano"non",ossia signora, a simboleggiare la natura più yin dell'uomo, malgrado il suo involucro esteriore yang.L'universo respira tra big bang e big chrunch. Tutti gli esseri respirano. Forse esiste una quinta dimensione dove esiste solo un mega-neutrone , che tutto contiene al suo interno. Ma qui l'elettrone negativo danza i torno al protone sbruffone del nucleo. Il respiro crea una zona centrale tra le il nucleo e la danza esteriore della materia che è il vero ingresso per la zina neutra, al di la dei cosmi. In quell'unicuum continuum dimensionale di frequenze , che però contengono cksmi e spirali ascendenti e discendenti che colorano, suonano e deliziano le frequenze coi loro suoni e movimenti. Parchi giochi e films , istanti temporali immutabili ed eterni.

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    1. Grazie Francesco, sono davvero felice di aver ricevuto un commento così interessante in quest'articolo, a cui tengo particolarmente.

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    2. E l`androgino come si definisce con le forze del respiro tra yin e yang?

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  2. Articolo ben fatto e molto curato, complimenti!
    Sono contento che tu abbia deciso di non rivelare quale sia il nome odierno di Enki, purtroppo la società di oggi non sarebbe molto comprensiva.
    In tutta la storia l'uomo ha cercato la Lapis Philosophorum (o il raggiungimento della Magnum Opus) senza però capire la chiave è sempre stata dentro ognuno di noi.
    Abbiamo esempi di trinità anche tra gli antichi alchimisti:
    Sale(corpo), Mercurio(anima) e Zolfo(spirito) che, uniti insieme, formano L'Oro alchemico, o Grande Opera.
    In parole povere il segreto per l'immortalità (o divinità), è capire le leggi cicliche del cosmo e capire che anche noi ne facciamo parte.

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    1. Unknown: un commento che racchiude perfettamente in poche parole i concetti più importanti per conseguire questa Conoscenza; grazie per questo prezioso contributo.

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  3. Molto interessante, sto cominciando ad interessarmi alla mitologia sumera. Non lo faccio soltanto per conoscere me stesso, ma anche per capire l'immensa differenza tra le manipolazioni delle traduzioni di Sitchin a quelle originali delle tavole sumere. Grazie molte, stavo proprio cercando una pagina di questo genere

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    1. Buongiorno: sono felice di poter essere utile. Conosco solo di nome e di fama questo fra gli autori di fantarcheologia o opere d'evasione, ma non mi occupo di questo genere, anche se può essere in qualche modo dilettevole. Grazie del commento.

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  4. leggi e non interpretare , attieniti solo allo scritto e ne esce un'altra storia

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    1. concordo pienamente, c'è chi legge in chiave spirituale, chi in chiave simbolica e chi invece ne intravede una storia ben più profonda.. che si, si affaccia dentro il nostro abisso interiore ma anche negli eventi cosmici e di conseguenza in un palese contatto et.

      Chi non lo riesce a vedere e perché posa le proprie mani sui propri occhi, per questo è necessario aprire la vescica piscis (3 occhio) ed entrare in contatto con il sole nero interiore.. unica vera sorgente di thule atlan

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